Il sogno di Rizzo e i sogni del Lecce

Dopo aver raggiunto la sua squadra del cuore, Rizzo proverà a portarla in Serie B


Nel 2011-12 il Lecce gioca la sua ultima giornata in Serie A, chiudendo l’anno con la doppia retrocessione (una sul campo, una in tribunale). Ripartiti dalla Lega Pro, i giallorossi hanno passato gli ultimi 5 anni a inseguire la promozione in Serie B, raccogliendo due secondi e due terzi posti, e cambiando – nel processo – 10 allenatori.

La storia dei giallorossi tra i Pro è stata sempre molto travagliata, ai margini di belle storie che potevano essere la loro. Nel 2013 i salentini sono arrivati a tre punti dal miracolo Trapani, perdendo la finale playoff dal Carpi (che due anni dopo andrà in Serie A); stessa sorte nel 2014, con la finale persa ad opera Frosinone (che seguirà la stessa strada). Lo scorso anno i salentini sono stati eliminati in semifinale dal Foggia, la stessa squadra che quest’anno ha soffiato loro il primo posto.

Nonostante la delusione per la mancata vittoria, dare un giudizio negativo alla stagione salentina sarebbe ingeneroso. Per tutta la sua permanenza Padalino ha fatto un campionato di vertice, passando 13 giornate al primo posto e viaggiando a una media di due punti a partita. Il problema è stato trovarsi davanti un Foggia irreale, capace di una stagione da 85 punti in classifica.

Alla 30esima giornata il Lecce arriva alla sfida col Foggia staccato di appena un punto, con la prospettiva del sorpasso e la possibilità di lanciare l’ultima volata al primo posto. La pesante vittoria del Foggia (3-0) spezza definitivamente la stagione, innescando la contestazione verso Padalino, su cui pesava anche l’origine foggiana. La sconfitta in casa col Messina, alla terzultima, ha consegnato la vittoria in mano ai satanelli e segnato definitivamente il destino dell’allenatore. Al suo posto è subentrato Roberto Rizzo, allenatore classe ’61 e bandiera giallorossa.

Un leccese per Lecce

L’allenatore originario di San Cesario ha fatto 73 presenze in prima squadra e ha allenato la Primavera dal 2002 al 2006, vincendo due campionati, due coppe e due supercoppe di categoria. Dopo due esperienze da vice della prima squadra (2006 e 2011), Rizzo ha raggiunto quello che ha sempre definito il suo sogno, allenare la squadra della sua città.

Nel giorno della sua presentazione Rizzo è stato subito chiaro, rimarcando la grande stagione dei satanelli ed evidenziando i suoi spazi di manovra: “Pensare di cambiare dieci mesi di lavoro in poche settimane sarebbe presuntuoso e controproducente; quello che faremo sarà intervenire sull’atteggiamento della squadra”. Con il secondo posto ormai in cassaforte, e due partite dal termine, l’allenatore salentino ha concentrato i suoi sforzi sull’obiettivo playoff.

La continuità

“C’è chi preferisce un gioco palleggiato, a me ne piace uno più verticale”: come con Pedalino i giallorossi hanno mantenuto un atteggiamento intensamente verticale, sempre teso ad avanzare col pallone nel modo più rapido possibile. Per questo motivo la squadra cerca di mantenere aggressività sin dalle prime fasi di non possesso, nel duplice scopo di sabotare la manovra e creare occasioni da posizione vantaggiosa. Da Padalino a Rizzo l’atteggiamento è rimasto lo stesso, con gli attaccanti e le mezzali che – in fase di non possesso – pressano molto alti, cercando di sabotare la costruzione avversaria.

I giallorossi pressano alto e creano due occasioni da gol provano ad essere compatti, ma mostrano problemi sia in transizione che in difesa posizionale

Per il resto Rizzo sembra essersi concentrato nel mantenere l’intelaiatura di gioco già presente. Nelle gare con Paganese e Fidelis Andria l’allenatore salentino ha confermato l’assetto tipo, un 4-3-3 con due terzini molto aggressivi (Lepore, nato come ala, e Ciancio) e tre centrocampisti molto dinamici come Mancosu, Costa Ferreira e Arrigoni Marocco.

La squadra si appoggia molto ai tre attaccanti, Canturano in primis: il centravanti giallorosso è il perno offensivo della squadra, il riferimento verso cui alzare la testa e appoggiarsi per avanzare. Ai suoi lati gli esterni (Torromino e uno tra Pacilli e Doumbia) hanno il compito di dare varietà al gioco tra le linee, muovendosi sia sull’esterno che con movimenti a tagliare dentro il campo.

In fase di costruzione i giallorossi gestiscono palla affidandosi quasi esclusivamente ai quattro difensori, spendendo il resto della squadra in movimenti in profondità – utili ad ampliare gli spazi, e dare più possibilità di gioco per cercare la verticalizzazione. Se questa è coperta, si cambia fronte pazientemente, o si lancia lungo affidandosi alle seconde palle.

Una volta che la palla arriva in posizione avanzata i giallorossi hanno la possibilità di esercitare grande pressione sugli avversari, schiacciandoli nella propria trequarti grazie all’aggressività di centrocampisti e terzini.

I problemi

Nonostante basi di gioco concrete, Rizzo non ha trovato una squadra perfetta. Il primo, evidente difetto è sui calci piazzati: per tutta la stagione i leccesi hanno mostrato grande debolezza sulle situazioni da fermo, mostrando difficoltà sia nel posizionamento che nei duelli individuali. Diverse partite (Virtus Francavilla, Monopoli, Vibonese) sono state decise negativamente da calci piazzati concessi dai salentini.

Un altro problema arriva nella copertura tra le linee. Il 4-3-3 dei giallorossi si basa su una concezione molto aggressiva, con le punte che si sforzano in un grande lavoro di pressione, e i centrocampisti sempre pronti a difendere in avanti. Nonostante la compattezza che cerca (e riesce a trovare) la squadra, i giocatori si muovono spesso individualmente, lasciando spazi in zone nevralgiche.

I tre attaccanti pressano spesso individualmente, sganciati dai compagni e troppo due centrali difensivi (Giosa e Cosenza) sono lenti nel leggere le situazioni, e spesso escono coi tempi sbagliati. Davanti a loro, poi, i centrocampisti hanno poca attenzione nell’assorbire i movimenti degli avversari alle loro spalle. I problemi coinvolgono sia le fasi di transizione (con la squadra indecisa se difendere o indietreggiare), che la difesa posizionale, con i giocatori che perdono spesso le marcature.

I giallorossi provano ad essere compatti, ma mostrano problemi sia in transizione che in difesa posizionale

In queste due partite Rizzo ha potuto fare poco: dopo aver giocato quasi tutta la partita d’esordio in dieci (un’espulsione proprio su un errore in uscita), con la Paganese i giallorossi hanno provato a mantenere un atteggiamento più accorto, con i due esterni sulla stessa linea dei centrocampisti e un’applicazione molto semplice, quasi scolastica, con azioni di pressione individuale in base alla zona di competenza.

Con due settimane di lavoro in più, e la prima partita “vera” davanti, Rizzo si trova nella difficile esigenza di dimostrare ai tifosi (e a se stesso) di essere un profeta in patria, nel difficile tentativo di guadagnare – in un mese – quanto non è stato raggiunto negli ultimi 5 anni.

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