Come gioca l’Albinoleffe

Analisi tattica dell’Albinoleffe, prossima avversaria dei rossoblu


Nel girone più combattuto (e imprevedibile) della Lega Pro, l’Albinoleffe di Alvini rappresenta il giusto mezzo: nonostante un ripescaggio tardivo e una squadra costruita in extremis, quella bergamasca si sta rivelando una delle squadre più solide del campionato.

Imbattuti fino alla quinta giornata (una vittoria e tre pareggi), i bergamaschi hanno poi perso tre gare di fila (con Parma, Gubbio e Ancona), arrivando al recupero con la Maceratese con appena 5 punti in otto gare. Nonostante i problemi di classifica la squadra di Alvini è rimasta fedele a sé stessa, ed è stata ripagata: nelle gare successive i seriani hanno messo in fila altre 4 vittorie e 2 pareggi, una striscia positiva interrotta solo dalla Reggiana, lo scorso turno.

A parte l’infrasettimanale con la Maceratese (iniziato col 4-4-2) i seriani hanno mantenuto sempre lo stesso modulo, un 3-5-2 molto fluido e propositivo. La squadra cerca di giocare palla a terra sin dalla difesa, con Loviso (il mediano) che viene incontro ai tre centrali per pulire l’uscita del pallone, e il resto del centrocampo che alterna movimenti in profondità e a venire incontro.

A prescindere dagli avversari, la squadra cerca sempre di giocare palla a terra: se gli avversari pressano, per aprire spazi alle loro spalle; se gli avversari aspettano, per cercare di spostarli dalle loro posizioni, allo scopo di liberare l’uno contro uno sulla fascia.

La Reggiana pressa alto, ma l’Albinoleffe non rinuncia a giocare: nasce un’azione promettente

La costruzione passa attraverso un movimento continuo di tutti gli undici giocatori, costantemente impegnati nella manovra. Per garantire un possesso ben costruito i seriani cercano sempre di mantenere superiorità numerica intorno al pallone, con le due mezzali che spesso si accavallano sullo stesso lato, le punte che vengono incontro, o gli esterni che tagliano dentro al campo.

La squadra cerca sempre di mantenere due riferimenti molto ampi sul campo, in modo da avere un appoggio sicuro nei momenti di pressione, e garantirsi la possibilità di un uno contro uno sulla fascia. Se Gonzi – sulla destra – è un riferimento quasi costante (ed efficace: vince 6 uno contro uno a partita), Cortellini, sulla fascia opposta, taglia spesso al centro, con Giorgione che compensa il movimento allargandosi.

La ricerca del gioco palla a terra è rischiosa, ma funziona: se gli avversari pressano alto, per liberare spazio alle loro spalle; se aspettano bassi, per costringerli ad aprire spazi.

Le due mezzali sono molto vicine: Agnello parte in verticale, aprendo allo spazio per Giorgione tra le linee

Grazie a questi movimenti la squadra riesce a consolidare il possesso in posizioni molto avanzate, per poi cercare l’imbeccata centrale o il cross dalla fascia, con l’area che viene occupata dalle due punte, l’esterno opposto e – spesso – le mezzali.

La gravitazione di tutta la squadra intorno al pallone è anche uno strumento difensivo: appena persa palla i bergamaschi accorciano in avanti, così da sfruttare la presenza in zona e (soprattutto) compensare lo spazio creato alle loro spalle.

Se le uscite sono con i tempi giusti, la squadra riesce a mantenere un controllo quasi totale sul campo e sul possesso, ma se un pezzo della catena salta la difesa si espone al contropiede avcersario. Nella sconfitta di settimana scorsa entrambi i gol della Reggiana sono arrivati in contropiede, e situazioni simili sono successe con la Feralpisalò (2-2), il Teramo (3-1) e l’Ancona (0-1).

Ai problemi in transizione si aggiungono quelli sui piazzati (dove la squadra è spesso molle) e nella copertura del lato debole, dove i bergamaschi pagano il coinvolgimento offensivo dei due esterni.

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Il Teramo parte in contropiede e c’è una voragine a sinistra

Come nei momenti più difficili, l’Albinoleffe (ora in zona playoff) cercherà di imporre il proprio gioco, senza fare calcoli. Per i rossoblu sarà una prova importante, e l’impressione è che – più che limitare gli avversari – i sambenedettesi dovranno essere bravi a sfruttarne le potenziali fragilità.

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