SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nonostante un inizio un po’ balbettante (due pareggi e una sconfitta nelle prime 7), il nuovo Venezia targato Inzaghi sembra più avanti del Parma, sebbene ancora incompiuto. Queste prime giornate sono sembrate – essenzialmente – un lungo apprendistato, basato su alcuni punti fissi (sfruttamento delle fasce, possesso palla, baricentro alto) e altri elementi in divenire, aggiustati di partita in partita.
Fase di crescita
Pur partendo dal 4-3-3 come modulo base, l’ex Milan non ha rinunciato a cambiare: dal 3-5-2 (che voleva a specchio) nel primo tempo di Parma al 4-3-3 decentrato utilizzato con Lumezzane e Ancona, fino al 4-2-3-1 visto nell’ultima giornata contro il Pordenone. Più che rintuzzare la già solida fase difensiva, i diversi accorgimenti sembrano volti ad aumentare il peso offensivo della squadra, che – nonostante un possesso medio molto alto – sembra mancare in zona gol, specie contro squadre brave nel tenere le linee compatte al centro.
Ciò che non è cambiata è la volontà di giocare sempre e comunque palla a terra, a costo di correre dei rischi. Per sfruttare al massimo l’uscita del pallone, i lagunari avanzano con entrambi i terzini sin dall’inizio dell’azione, lasciando i due centrali (Modolo e Domizzi) a gestire anche in parità numerica.
Il primo tentativo è sempre la verticalizzazione; se schermata, una delle due mezzali arretra a lato dei centrali, in modo aggirare il pressing senza rinunciare a ricevere fronte alla porta. Questa azione, che avviene spesso a sinistra (dove giocano Domizzi e Bentivoglio, più tecnici) innesca il movimento combinato di terzino e ala.
I due giocatori sull’esterno fanno movimenti complementari (l’ala a venire incontro, il terzino avanti), costringendo il centrocampo avversario a stringere (aprendo il passaggio laterale) o lasciare lo spazio tra le linee.
Più soluzioni
Che si apra lo spazio in mezzo o sull’esterno, il Venezia ha gli strumenti per rendersi pericoloso. Se la palla arriva sulla fascia il centravanti viene accompagnato a centro area dall’esterno e dalla mezzala sul lato opposto, creando situazioni vantaggiose in area; se si apre la traccia interna gli esterni offensivi possono rientrare e provare il tiro, o lo scambio nello stretto (non a caso, Marsura e Fabiano – i titolari del ruolo – giocano entrambi a piede invertito).
Se queste scorciatoie sulla fascia non hanno buon esito, la squadra ricomincia da dietro e cambia fronte di gioco, facendo oscillare il pallone da una fascia all’altra allo scopo di scoprire gli avversari. Per aumentare la rapidità della manovra tutti i giocatori – anche i centrali difensivi – sono chiamati a partecipare, a costo di prendersi rischi.
Il coinvolgimento di tutta la squadra nella manovra è coraggioso, ma permette al Venezia di mantenere un dominio quasi totale sul controllo del campo e del pallone.
Pregi e difetti
Il possesso palla è uno strumento in entrambe le fasi, soprattutto in chiave difensiva: nonostante alcuni (fisiologici) rischi in contropiede, spesso sbrogliati dall’ottimo Facchin, i lagunari – nonostante abbiano già affrontato Parma, Pordenone e Reggiana – hanno subito solo tre gol, uno dei quali su rigore.
Il problema maggiore, paradossalmente, è nella fase realizzativa: finora la squadra di Inzaghi ha segnato solo 7 gol, riuscendo a raddoppiare solo contro Parma (corner a tempo scaduto) e Lumezzane (autogol). Poco.
Le difficoltà realizzative sono ascrivibili alla (ancora imperfetta) fluidità nella manovra: in molte occasioni gli arancioneroverdi si sono rivelati troppo lenti nel passare da una fascia all’altra, permettendo agli avversari di riorganizzarsi senza lasciare spazi eccessivi.
Dopo aver tentato di abbreviare la via della rete con una punta in più (Gejio) a centro area, Inzaghi ha provato a dare imprevedibilità alla manovra spostando Fabris sulla trequarti. Entrambi gli esperimenti non hanno funzionato del tutto, ma non sono neanche stati bocciati.
Per i rossoblu si tratterà di una partita più complicata nella realizzazione che nella preparazione. Il piano tattico è già tracciato, se non obbligato: i rossoblu dovranno impegnarsi a tagliare tutte le linee di passaggio dei padroni di casa, costringendoli a giocare sulla fascia (dove le scelte sono minori) o a prendersi rischi eccessivi (facilitando la conquista del pallone).
Approfittando dell’assenza di un totem come Domizzi (infortunato) la squadra di Palladini dovrà confermare la sua fama di animale da trasferta, sfruttando al massimo gli spazi che Pederzoli e compagni (inevitabilmente) lasceranno alle loro spalle. Missione difficile, ma non impossibile.