Vernecchie rossoblu: S05E27 (Padova-Samb)

Padova-Samb

La rubrica in cui la tunica del giornalista scopre la pelle del tifoso, con Angelo A. Pisani e Michele Palmiero


Avevamo pensato di dare alla puntata questo titolo: potranno sopravvivere le Vernecchie dopo l’ennesimo fallimento? È ciò che molti si chiedono, ma a ben riflettere la risposta non può essere che affermativa. Inutile dunque chiedersi quale sarà il destino delle nostre chiacchiere, dei nostri video e dei nostri meme. È come chiedersi se l’uomo di domani, di un domani magari lontanissimo, potrà risolvere le tragiche contraddizioni in cui si dibatte fin dal primo giorno in cui Fortitudo, Serenissima, Forza e Coraggio si sono unite in una sola squadra. Non lo sappiamo, ma non smetteremo mai di provarci.

Michele Palmiero: Caro Angelo, oggi abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti, anche dei più fanfaroni, come quelli che promettevano l’esplosione di Santi Chacon. Da quando sono nate le Vernecchie questa è stata la puntata più triste: non è la prima volta che viviamo un fallimento, ma è una ferita che non si rimargina mai. Sai che ti dico? Forse questo è il mio ultimo intervento.

Angelo A. Pisani: Nella prima puntata delle Vernecchie avevamo detto una cosa: ora che siamo finalmente tranquilli, si può anche parlare della Samb per cazzeggiare. Negli anni il nostro tono ironico e spesso assurdo è stato sorpassato a destra da giornalisti che parlavano sul serio, e siamo finiti per essere noi la voce della ragione (almeno secondo altri, che spesso ci scrivono in privato per non compromettersi con noi). A forza di sentir dire scemenze con tono serioso ci siamo trovati a dire cose serie con tono scemo, e ora che la situazione si è fatta drammatica ti dico una cosa: le Vernecchie servono soprattutto adesso. Non a caso abbiamo invitato tutta la nostra potenza di fuoco, da F-35 a Edoardo, fino a Madou.

Madou: Ciao a tutti, sono felice di essere ancora una volta con voi; parlate pure, quando mi va intervengo.

F-35: Intanto parlo io. Caro Michele, se questa fosse la tua ultima puntata dovresti spenderti per dire cose che non hai mai detto, invece ho come l’impressione che rimarrai nel tuo solito circuito di sicurezze. Comunque eccomi qua, sono tornato, e con me tutti i sogni e gli spettri del passato. Esordisco solo per dirvi che ci troviamo, come dice Stallone ne I mercenari, in una «tempesta di merda». Ora salteranno tutti gli schemi: interessamenti e smentite, chiacchiere e “accostamenti”, imprenditori girovaghi e presidenti ombra si rincorreranno fino all’inevitabile scadenza. Settimane di passione e nervi tesi, che di solito non portano niente di buono. E tutto questo per colpa nostra.

Edoardo Tarullo: Ciao a tutti. Vorrei dire “ben ritrovati”, ma oggi la parola “bene” si è svuotata di ogni significato. Per l’ennesima volta la Samb è fallita. Stavolta, a differenza delle altre, il fallimento era qualcosa in cui speravamo per poter porre rimedio a un situazione quasi compromessa. Il problema è che le vicende si sono trascinate oltre le tempistiche sperate, e allo stato attuale salvare squadra e categoria sembra un miraggio.

Michele: Siamo arrivati al fallimento con due settimane di ritardo, e per questo dobbiamo ringraziare l’ennesimo sfregio della premiata ditta Serafino-Collina. Ad oggi uno dei due è latitante e l’altro è dimissionario: faccio fatica a capire come si possa aver perso tutto questo tempo dietro alla richiesta di concordato, so solo che da qui all’asta fallimentare sarà un susseguirsi di voci, smentite, promesse dei soliti avventurieri.

Madou: …Dei soliti avventurieri e dei loro sponsor tra i giornalisti locali.

Angelo A: Non dimentichiamoceli, perché sono gli stessi che fino all’ultimo hanno difeso Serafino, o sono stati silenti, salvo svegliarsi quando i buoi erano già scappati. A San Benedetto i giornalisti sono tutti profeti del senno di poi, però passano il resto del tempo ad attaccare e sminuire chi questo lavoro lo prende sul serio. Ho visto gente parlare di Samb dopo tre anni, solo per sfruttare l’attenzione mediatica del fallimento e prendersi qualche applauso dai tifosi. Dov’eravate? Facile parlare adesso contro la società, potevate farlo prima. Come diceva il Guccio, tu giri adesso con le tette al vento, io ci giravo già vent’anni fa.

Edoardo: Venendo alle cose formali, dobbiamo guardare quelli che saranno gli sviluppi imminenti della procedura concorsuale. Nei brevi termini indicati dal giudice delegato la società dichiarata fallita ha l’obbligo di presentare ai curatori i bilanci e tutte le relative scritture contabili. Una volta fatto ciò i curatori – nel più breve tempo possibile – dovranno quantificare la massa debitoria e, di concerto col giudice delegato, procedere ad un’eventuale fissazione dell’asta per la vendita per il titolo sportivo. Non ci è dato ancora parlare di cifre e di tempistiche esatte, perché è una cosa che solo i tecnici che stanno seguendo la vicenda da vicino possono prevedere. Quindi non fasciamoci la testa prima e non lanciamoci imprudentemente nella moda del “potrebbe essere” o “sarà, forse”.

Madou: Che poi è la moda preferita dei soggetti di cui sopra. La cosa che mi inquieta è che la gente ancora non si è resa conto del perché siamo falliti, e propone come soluzione quella che è stata la causa: affidarsi alla benevolenza di un salvatore della patria (più abita lontano meglio è), pensando davvero che possa esistere chi va a buttare pacchi di soldi in una città di 50 mila abitanti che pochi fuori dall’Italia conoscono.

Michele: Dobbiamo metterci in testa che il problema non è Serafino, o Fedeli, o Moneti: è questo modello di gestione delle società, che ancora una volta si è dimostrato fallimentare. Bisogna fare un salto di qualità: come tifosi, come organi di informazione e come istituzioni. Non voglio tirare in ballo il solito discorso per cui paesi come la Germania, sono vent’anni avanti a noi; anche in Italia esistono modelli virtuosi e vincenti. Basti guardare, nel nostro stesso girone, Sudtirol e Cesena.

Madou: Un altro merito dei cesenati è che loro, a differenza di altri, hanno avuto il merito di non farsi fregare dal rombo della Ferrari in arrivo. Aggiungo una cosa: la gente di San Benedetto dovrebbe ringraziare il fatto che Serafino abbia chiuso il suo profilo Facebook, così non si possono più vedere le leccate di culo che gli facevano gli stessi che oggi vogliono crocifiggerlo.

Angelo A: Secondo me è anche una questione di pigrizia, o ignavia, o paraculismo. Chiamatela come vi pare, ma se c’è una cosa che abbiamo capito dagli ultimi anni è che una buona parte dei tifosi ha una concezione del tifoso come cliente, che paga solo per lo spettacolo offerto. Nelle ultime settimane uno dei leitmotiv di certi tifosi è stato che se torniamo in certe categorie non seguiranno più la Samb, come se stessimo parlando della programmazione di un cinema o simili. Il tifo se è vero rimane, non può andare e venire alla bisogna. E soprattutto, cosa più importante, tifare una squadra significa esserne custodi, preservarla, portarne avanti le tradizioni. E questo significa impegnarsi in prima persona, nel modo in cui si può, senza trovare scuse o tirarsi indietro. Lo stesso deve valere per tutti i presidenti che ci sono stati e ci saranno: voi non siete proprietari, siete manutentori.

F-35: Io sposo il vostro tentativo serio e intelligente di educare la città all’idea di una partecipazione popolare all’interno della società: è un’opera nobile e coraggiosa, e ha tutto il mio appoggio. Tuttavia, per quanto mi riguarda, vorrei mettere il carico su un aspetto: bisogna accettare che la storia della nostra squadra è uno tra i beni primari del nostro territorio. L’horror vacui provinciale ci porta a demonizzare questo aspetto, ovvero che la Samb sia così centrale all’interno delle nostre vite. Ma, insomma, chiediamoci veramente questo: Cos’è San Benedetto del Tronto, senza la Samb? Cosa sono i sambenedettesi, senza la Samb?

Edoardo: Per dirla in modo molto sottile, siamo arrivati a un punto di non ritorno: o si cambia la concezione del calcio cittadino a San Benedetto e lo si affronta in prima persona, tutti quanti, oppure meglio chiudere baracca e burattini, e impiegare lo stadio solo PPPer fare concerti. È il momento di fare un passo definitivo oltre il solito, stantìo, infruttuoso, concetto di padre padrone. O la Samb diventa una cosa solo dei sambenedettesi o è meglio che sparisca per sempre. So benissimo che è la cosa più difficile da realizzare, in una piazza comoda come la nostra, ma abbiamo il dovere di provarci, a prescindere dalla categoria.

F-35: Io mi sento di dire che questa storia continuerà fino a quando ci sarà qualcuno a raccontarla. Intanto dobbiamo impegnarci a raccontare di questa gloriosa squadra, di come ci smuove il sangue e dei mondi che ci accendono quei meravigliosi colori. Il resto, come dice Amleto prima di morire, è «silenzio».


Antico caffè Soriano
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La copertina di Madou è ispirata alla copertina di Nomadland, film di Chloé Zhao. Meme di @apakakov. Potete partecipare alle Vernecchie commentando i post, scrivendo sulla pagina facebook o inviando una mail. Intanto iscrivetevi al nostro canale Telegram. Accettiamo consigli, domande, critiche e persino insulti velati!

1 Comment

1 Comment

  1. Paco 11 says:

    Condivido il tutto riassunto nella sostanza che bisogna fare uno scatto culturale : o la Samb diventa un qualcosa dei sambenedettesi o è meglio chiuderla qui, per sempre. Ma dove sono questi sambenedettesi ora?

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