A San Benedetto non si cercano risposte, ma capri espiatori

Mantova-Samb

La partita del “Martelli” ha evidenziato le lacune della squadra, ma molti hanno preferito concentrarsi solo sull’allenatore. L’analisi tattica di Mantova-Samb


Nel girone di andata la partita col Mantova aveva rappresentato il momento più alto della seconda Samb di Montero, una squadra costruita e pensata sulle qualità dei suoi giocatori offensivi. La vittoria finale sembrava l’inizio di un nuovo campionato, sia per l’esordio di Rubén Botta che per la prestazione complessiva della squadra, convincente come non lo era mai stata nelle prime quattro partite. Anche per questo motivo era sembrata affrettata la decisione della società, che dopo il pareggio di Fermo e la sconfitta col Modena aveva optato per l’esonero. Una decisione che era parsa allo stesso tempo affrettata e inevitabile, sia per il progressivo scollamento con la piazza che per l’atmosfera pesante respirata sin dalle prime partite.

Il suo ritorno in panchina, proprio in occasione della partita contro il Mantova, è sembrato quasi un segno del destino: l’occasione di riallacciare un discorso interrotto, che mettesse in risalto il meglio e non il peggio di quelle prime partite. La situazione non era facile, perché oltre ai pochi giorni a disposizione il tecnico uruguaiano doveva fare i conti con una squadra decimata dalle assenze e piena di punti interrogativi. Il confronto con la partita dell’andata, in questo senso, è indicativo: stavolta Montero si è trovato senza D’Ambrosio, Shaka Mawuli, Maxi Lopez, Angiulli, D’Angelo e Nocciolini, sei dei titolari di quella partita. Il tecnico ritrovava però Rubén Botta, schierato seconda punta al fianco di Lescano, con Fazzi e Trillò esterni di centrocampo, De Ciancio e Rossi in mediana, Biondi e Di Pasquale centrali, Lombardo ed Enrici terzini. Un 4-4-2 abbastanza abbottonato, che per molti versi andava in contrasto con l’assetto del Mantova, speculare ma molto più offensivo.

I rossoblu hanno iniziato la gara con l’obiettivo di fare cose semplici: amministrare il possesso occupando l’ampiezza, e liberare spazi per Botta in mezzo al campo. In fase di uscita Rossi si abbassava tra i due centrali, attuando la salida lavolpiana, mentre i due terzini si alzavano sulla fascia. I movimenti di Lombardo ed Enrici “liberavano” i tagli degli esterni Fazzi e Trillò, che avevano il compito di compensare i movimenti a venire incontro di Botta accorciando verso il centro del campo. Un compito, questo, assolto soprattutto da Trillò, che in alcuni momenti giocava praticamente da seconda punta al fianco di Lescano.

Botta era letteralmente il centro della manovra offensiva, il primo riferimento ogni volta che la squadra provava ad andare in verticale. Il problema dei rossoblu, tuttavia, è stato proprio quello di andare in verticale nei modi e coi tempi giusti. Le difficoltà dei rossoblu partivano da due fattori, uno tattico e uno tecnico. Tattico, perché in fase di non possesso il Mantova ha bloccato molto bene il centro del campo, coi due attaccanti in pressione sui centrali e i due esterni stretti vicini a Gerbaudo, che si alzava lasciando Zibert in copertura; tecnico, perché una volta che la palla andava sull’esterno i terzini rossoblu – o i difensori, quando si allargavano per fare spazio a Rossi – non riuscivano a trasmettere la palla verso il centro del campo, né a ritagliarsi lo spazio in conduzione, e spesso erano costretti a cercare la palla lunga.

Nonostante i tentativi la Sambenedettese ha avuto molta difficoltà a gestire il possesso, e ha finito per giocare una partita confusionaria, in cui è riuscita ad attaccare soltanto in transizione. Su una di queste, al 26esimo minuto, Botta guadagna la punizione dell’uno a zero (realizzata con un gran mancino da 25 metri) e il primo giallo per Guccione, che pochi minuti dopo si fa espellere per un intervento su Rossi.

Improvvisamente in vantaggio, di un gol e un uomo, i rossoblu non sono comunque riusciti a prendere il controllo della partita. Alla passività dei sambenedettesi si contrapponeva l’atteggiamento molto coraggioso dei padroni di casa, che nonostante l’uomo in meno hanno continuato a riproporsi con coraggio nella trequarti avversaria, nel tentativo di riaprire la partita. L’occasione buona è arrivata al 38esimo minuto, quando Cheddira ha raccolto una palla rilanciata dal suo portiere ed è sceso sulla destra, attirando cinque avversari, per poi appoggiare in mezzo verso Gerbaudo.

Il centrocampista serve di prima intenzione Ganz in verticale, ripetendo la stessa giocata che aveva messo Cheddira davanti alla porta venti minuti prima: l’attaccante cerca il rigore su Lombardo, che per discolparsi allarga le mani, colpendo col braccio il pallone. L’arbitro assegna prima punizione e poi rigore, su indicazione del guardalinee, e Ganz infila in porta. L’uno a uno chiude di fatto la gara, perché da lì in poi – eccettuato l’effimero tentativo di Lombardo, al 45esimo – i rossoblu non sono riusciti a tirare in porta per quasi tutto il resto della partita. L’unico tentativo verso la porta di Tozzo è arrivato soltanto al 94esimo, con una conclusione dai 25 metri di Botta, nonostante il Mantova fosse rimasto in nove ormai da venti minuti.

Nel post partita si è parlato molto dell’episodio del rigore, una decisione corretta, e poco o nulla delle due espulsioni del Mantova, che avrebbero creato una sommossa a parti invertite. Dopo settimane di discussione sugli arbitri – con fermi immagine delle azioni, ipotesi di complotto, j’accuse contro i designatori arbitrali – certa stampa ha preferito glissare sulla direzione arbitrale, mentre altri si sono concentrati sull’allenatore, giudicato come unico colpevole della partita.

Nelle ultime ore le critiche sono state tante e più disparate, ma quasi tutte – invece di parlare delle assenze, delle scelte di mercato, dell’effettiva forza della squadra – hanno preferito sindacare sulle scelte in gran parte obbligate fatte per questa partita. Montero ha fatto i suoi errori, nella preparazione della gara e nella gestione, ma il pareggio di Mantova dice molto più sullo stato della squadra che sul tecnico. Senza due titolari chiave, e senza le certezze costruite negli ultimi mesi, la squadra si è trovata improvvisamente fragile, confusionaria, indebolita. A dimostrazione della poca profondità della rosa, da un lato, e dell’ottimo lavoro di Zironelli dall’altro. Negli ultimi mesi il tecnico era stato criticato per il mancato “salto di qualità” della squadra, e le sue dimissioni erano state salutate da molti come una liberazione; dopo questo pessimo esordio si sta già addossando la colpa a Montero, sempre ignorando le gravi lacune della squadra rivelate in queste partite.

Le polemiche di questi giorni non fanno altro che rivelare l’arroganza e la supponenza che stanno circondando i discorsi intorno alla squadra, dalle arlecchinesche invocazioni di questo o quel salvatore della patria alle avvilenti discussioni sull’alta classifica. Dopo più di un girone manca ancora una riflessione seria su questo progetto tecnico, su questa squadra, sulle scelte di calciomercato che hanno spinto Zironelli a dimettersi con la squadra quinta in classifica. Come al solito si preferisce far finta di nulla e guardare altrove, limitandosi a trovare colpevoli di partita in partita. Per quattro mesi il principale accusato è stato Zironelli, ora tocca già a Montero, che nelle ultime ore qualcuno è riuscito ad attaccare anche su basi linguistiche (forse ignorando che non è un parlante nativo). Comunque la si pensi, mistificare quella che Montero definiva “ansia del risultato” come “paura” o “timore” non è altro che l’ennesimo tentativo di parlare alla pancia della gente, evitando riflessioni complicate per fare del populismo gretto e meschino. Un esempio come tanti dell’atteggiamento che ha sempre caratterizzato questo ambiente, sempre teso tra aspettative irrealizzabili e l’inevitabile ricerca del nemico.

9 Comments

9 Comments

  1. lucioc says:

    Analisi precisa e puntuale.

    E’ la seconda che leggo dopo quella altrettanto ottima sulle dimissioni di Zironelli; non conoscevo il sito, adesso avete un lettore in piu’.

  2. PACO 11 says:

    Perfetta analisi come al solito.
    Lucio, spargi la voce che esiste un blog che parla di Samb in modo professionale; personalmente è da tempo che seguo “noisamb” e ora che sono possibili i commenti è ancora meglio 😉
    Devo fare autocritica invece per quanto riguarda il rigore: ero sicuro che fosse fuori area ed altrettanto sicuro che Lombardo non avesse toccato Ganz.
    Mi era sembrato che il fischio fosse arrivato sul presunto contatto tra i due giocatori (fuori area) e invece la dinamica dell’azione dimostra chiaramente che la decisione è stata corretta perché va a punire lo sfortunato contatto di mani del nostro giocatore poco dentro l’area di rigore.
    Faccio appello chiamando in causa la bassissima qualità del servizio fornito da Eleven 🙂

  3. PACO 11 says:

    Per chiudere il discorso, correggetemi se sbaglio: il fischio dell’arbitro effettivamente è arrivato sul contatto tra i due giocatori, infatti era stata segnalata la punizione da fuori area.
    Il direttore di gara aveva abboccato alla simulazione di Ganz, successivamente poi viene richiamato dal guardialinee il quale gli fa notare del tocco in area col braccio.
    Al quel punto, l’arbitro cambia decisione e anziché punire l’inesistente contatto fuori area, punisce giustamente il fallo di mani in area di Lombardo.
    Giusto?

    1. Angelo A. Pisani says:

      Ho ricontrollato, l’arbitro fischia poco dopo il tocco e non sulla caduta. Poi, su segnalazione del guardalinee, dalla punizione passa al rigore. L’azione in ogni caso è confusa, la telecronaca non ne parliamo (il telecronista ha anche confuso Botta e De Ciancio sulla punizione…), ma la decisione è stata corretta.

  4. PACO 11 says:

    Ok, grazie.
    Mi era sembrato che fischiasse sul contatto e non sul fallo di mano.
    Probabilmente questo è stato il particolare che ha generato confusione.
    Da come hai detto te, diventa tutto più plausibile compresa la dinamica dell’episodio.
    L’arbitro converte il fallo di mano da punizione a rigore essendo avvenuto dentro l’area.
    Tutto chiaro adesso.

  5. Teschio alato says:

    A questo punto la colpa è del presidente il quale non ha mai parlato di promozione diretta anche se in cuor suo è nostro ci sperava. Fai una cosa comprarla tu la samb o alla peggio fatti assumere come ds o allenatore. Ma gliela si data mai na zampata a nu palló?

    1. Angelo A. Pisani says:

      Ho scritto che questa squadra non può competere per la promozione, semplicemente; non capisco dove sia l’accusa.

  6. PACO 11 says:

    Nonostante l’evidenza che non si possa competere non solo per la promozione ma neanche per i posti importanti in ottica play off, si continua di volta in volta a cercare il capro espiatorio.
    L’abbiamo ripetuto all’infinito ma non è servito.
    Succede così pure in politica perché e più facile e comodo dire al popolino ciò che vorrebbe sentirsi dire piuttosto che la verità.
    Sono stato censurato diverse volte da una testata di “giornalai improvvisati” (che non nomino per non fargli pubblicità anche se è facilmente intuibile) proprio per avere espresso commenti simili, probabilmente troppo lungimiranti per il loro livello di discussione.
    Se vogliamo crescere dobbiamo farlo tutti.
    Mi piace riflettere sulle cose ed ho imparato che nella vita le critiche (se sono costruttive) aiutano a crescere le persone intelligenti.
    Questa società FINO AD ORA si è dimostrata ottima per quanto riguarda la gestione extra sportiva ma ha commesso una serie di errori evidenti nel progetto sportivo.
    Ma ci vuole pazienza, ogni progetto (i rinnovi e i contratti pluriennali fanno bene sperare) ha bisogno di tempo ed è proprio attraverso gli errori che si possono fare quei passi in avanti verso l’obiettivo finale.
    Anziché mantenere un atteggiamento di ostinata ottusità, bisognerebbe provare a discutere di questo, magari partendo dal banale presupposto che una critica non è un insulto.

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