Le ripercussioni del tifo violento sulla prestazione del calciatore


Ogni mese un tema differente per analizzare le nevrosi legate al mondo del calcio

“Le nevrosi nel calcio”: una nuova rubrica, a cura della dottoressa Alessandra Mosca, per analizzare il calcio da un punto di vista differente. Difficoltà, stimoli, pressioni: perché il calcio si gioca anche con la testa.

I recenti fatti di cronaca riguardanti le aggressioni subite da alcuni giocatori di calcio da parte di tifosi, ci impongono alcune riflessioni oltre che di natura morale anche rispetto ai risvolti psicologici e prestazionali che questi eventi possono giocare nell’equilibrio di atleta e di uomo. Gli episodi di Taranto, Ancona e Matera, per nominare i più recenti, non possono lasciarci indifferenti.

Nonostante sia chiara l’idea di base, che le aggressioni non possano che influire negativamente sul rendimento di un atleta, la letteratura scientifica che in anni recenti ha cercato di analizzare il fenomeno nello specifico non è molto ampia. Tuttavia sappiamo che, a fianco delle aspettative interne che l’atleta pone nei confronti di sé stesso, esistono anche aspettative esterne che agiscono sulla sua performance.

Le prime si riferiscono a ciò che egli si aspetta dalle proprie potenzialità e quindi al grado di coerenza esistente tra i risultati ottenuti e il talento auto percepito. Le seconde si riferiscono alle attese prestative da parte di tutto il contesto che circonda l’atleta sia dal punto di vista familiare che quello collettivo, quindi tifo e società.

Ogni atleta proviene da un ambiente diverso e appartiene a sistemi diversi, di tipo sportivo, familiare, amicale, scolastico, professionale, culturale e ognuno presenterà una personale variabilità di risposta ad eventi stressanti. Generalmente le variabili in gioco sono costituite dal grado di adattamento e di gestione personale dell’atleta a situazioni stressanti, le caratteristiche di personalità, e la presenza di tratti stabili di natura ansiosa e di una più o meno strutturata fiducia in sé stesso.

È chiaro che ogni atleta non risponde a fattori esterni allo stesso modo, ma in via generale di fronte a fatti di tale intensità, quali un’aggressione fisica post gara, si possono innescare stati tensivi e ansiosi pre gara (legati alla performance) e post gara (legati al terrore di una nuova aggressione) che non posso che agire negativamente sulla performance in termini di calo prestazionale.

L’atleta potrebbe iniziare a ipervalutare sé stesso in relazione a ciò che lo circonda, e temere una nuova aggressione; di conseguenza può manifestare ansia, attacchi di panico, somatizzazioni e disturbo post traumatico da stress, inficiando chiaramente il rendimento che consta sempre di un legame inscindibile tra preparazione atletica e tecnico-tattica, concentrazione e serenità mentale. Nonché presentare una minor qualità della vita anche fuori dal campo gara.

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