Emiliano Nicolas Forgione (spiegato bene)

Storia, calcio e miracoli del centrocampista argentino, tornato alla corte di Palladini due anni dopo la vittoria del campionato di Serie D


SAN BENEDETTO DEL TRONTO – 9 agosto 2012. I rossoblu presentano la loro nuova stagione affrontando la Palestrina, squadra di serie D laziale (piccolo presagio di un’altra laziale, il San Cesareo, nemesi del campionato che sta per iniziare). Gli ospiti si presentano al Riviera con un’improbabile maglia arancio acido, mentre gli uomini di Palladini giocano con la maglia da allenamento.

Tra i tanti giocatori impiegati, tre non erano ancora sicuri di indossare la divisa ufficiale: un certo Della Cioppa, il misteriosissimo Kapitonov (autore del terzo gol), e un giovane centrocampista argentino. Emiliano Nicolas Forgione era arrivato in prova il 23 luglio precedente, e si apprestava a giocare la sua seconda amichevole consecutiva nella speranza di convincere Palladini a trattenerlo in squadra.

Dopo 30 minuti discreti, il centrocampista riceve palla su un passaggio corto di Vavalà: i piedi calpestano la linea laterale, e c’è un avversario che gli corre incontro; Forgione alza la testa e impatta la sfera con un movimento fluido, come se il colpo fosse diretta conseguenza del suo passo verso la porta: da quella palla arriverà il gol del 3 a 1, e – dagli spalti – l’impressione che il centrocampista resterà in squadra. Pochi giorni dopo arriva la firma sul contratto.

Forgione ha un fisico ordinario (170 cm per 65kg), corredato ad un look normalissimo. A vederlo in abiti civili non si direbbe neanche uno sportivo: il taglio dei capelli è semplice, quasi militare, e non ha nulla delle più elementari caratteristiche del calciatore moderno: niente cresta o barba, niente orecchini né tatuaggi; la sua pagina facebook – a differenza di molti colleghi – è praticamente priva di foto sportive, surclassate da immagini “casalinghe” con moglie, famiglia e amici. Forgione è un calciatore irregolare perché si definisce tale solo per il fatto di giocare a calcio. E lo fa benissimo.

Dopo aver giocato alcuni spezzoni di gara, il centrocampista entra prepotentemente in scena contro quella che – nei mesi successivi – si trasformerà nella nemesi dei sambenedettesi: il San Cesareo. E’ il 16 settembre. Per buona parte della gara i sambenedettesi faticano a creare occasioni, al punto che – all’ora di gioco – non sono ancora arrivati tiri “puliti” in porta. La migliore azione arriva poco dopo l’ingresso in campo di Forgione, che serve un bel filtrante per l’inserimento di Napolano. Al 72esimo, a 15 minuti dal suo ingresso, arriva il gol dell’1 a 0.

Aquino lancia per l’argentino, che indietreggia quel tanto che basta per far atterrare il pallone sul suo piatto sinistro, inclinato ad hoc per servire l’inserimento di Guglielmi; l’esterno riceve e stoppa di tacco al compagno. Forgione trova la palla ferma a 25 metri dalla porta, la difesa schierata, e un centrocampista che sta cercando di tagliargli la strada. Emiliano non ferma né rallenta la corsa, ma prosegue dritto – come se avesse un copione già scritto. Si avventa sul pallone e lo tocca sotto, creando una traiettoria fastidiosamente geniale che sorprende il portiere, gli avversari, i compagni, gli allenatori e tutto lo stadio.

La differenza tra calciatoregiocatore è la stessa che intercorre tra un manoscritto e la copia amanuense: uno crea, l’altro ripete. I tratti distintivi sono spesso impercettibili, ma nell’argentino si notano chiaramente: oltre alle indiscutibili qualità tecniche, oltre a colpi come quello appena descritto, ciò che stupisce è la lucidità delle sue intenzioni. In un mondo di fantasisti arzigogolati, che girano intorno a campo e pallone (spesso inutilmente), Forgione ragiona in linea retta, al rifugio da qualsiasi vanità.

Samb-Celano, 10 marzo 2013. Siamo nei primi minuti di gara, e la partita sembra bloccata. Al 19′, dopo una serie di batti e ribatti la palla arriva a Forgione, sulla destra: il centrocampista doma la sfera con l’esterno sinistro, la gira un po’ con la suola (come a saggiarne la consistenza) e poi va semplicemente dritto verso il fondo. Il terzino lo rincorre, ma l’argentino – fingendo il preparativo al cross con un movimento con braccia e schiena – lo induce all’intervento, che va a vuoto. Forgione si apre lo spazio e mette sulla testa di Napolano la palla dell’1 a 0.

Dopo questo assist, l’argentino troverà il tempo per una doppietta. Il primo arriva su una giocata elegante, quasi morbida: Forgione riceve larghissimo sulla fascia e percorre il campo in orizzontale, accompagnando il pallone dalla linea laterale al limite dell’area; nel tragitto salta due uomini senza sfiorarli, e chiude con un sinistro a incrociare. Il secondo è un tiro improvviso, quasi violento: Forgione fa partire l’azione sulla sinistra e taglia verso il centro, come sapesse già il corso del pallone – che infatti finisce sui suoi piedi. Stavolta la palla procede a balzi, saltellando tra i piedi di Napolano e Pazzi: Forgione la ritrova nel cuore dell’area e la scarica in rete.

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Due gol antitetici, che ben raccontano le due nature del centrocampista argentino. Classe e utilità, eleganza e forza: Forgione ha una qualità tecnica assoluta, ma ad essa accosta un eclettismo operaio di gran pregio. Alla corte di Palladini il centrocampista ha giocato quasi in tutti i ruoli: esterno offensivo e mezzala nel 4-3-3, ala nel 4-4-2, terzino e mediano. Con lui la Samb acquista in imprevedibilità e senso tattico, intelligenza e spirito di sacrificio, numeri e sostanza. Per dirla più brevemente, la Samb si è avvicinata al primo posto finale.