Suo padre fu custode del Ballarin a cavallo negli anni 50-60. Ricordi ed emozioni di Tonino Brandimarte.
La storia che vogliamo raccontare oggi affonda le sue radici negli anni ’50. La Sambenedettese ha da poco superato i 25 anni di vita, e le gesta di questa piccola cittadina cominciano a essere conosciute in tutta Italia.
Nel 1952 un articolo del Corriere dello Sport, intitolato “Trascurato l’esempio della Samb?”, afferma: “pochi dimostrano di tener conto della vera importanza della Sambenedettese, di quello che rappresenta nel calcio italiano dal lato morale, cioè come esempio di squadra di piccolo centro che non fa grandi acquisti, che i giocatori se li fa in casa, non sa cosa voglia dire passivo alla fine dell’anno. L’esempio, insomma, che a saperci fare e a non voler essere megalomani si può tenere con onore una squadra di calcio senza correre ogni due o tre anni il rischio di fallimento”. Alla luce dei nostri ultimi 20 anni, queste parole bruciano allo stesso tempo di orgoglio e delusione.
Nella meravigliosa favola della Samb degli anni ’50, culminata con la promozione in Serie B nella stagione 1955-56, figura un uomo che, pur essendo scomparso in giovane età, è ancora nel cuore di molti: Celestino Brandimarte.
Celestino ricevette dal Comune il lavoro di custode del Ballarin, e fu testimone da vicino del “miracolo Samb”: una squadra umile, grintosa, composta da sambenedettesi e gestita da dirigenti locali, mai doma di fronte ad avversari di caratura e potenzialità economica notevolmente maggiori.
Scomparso a soli 42 anni, Celestino è pero riuscito a trasmettere il suo amore per la Samb al figlio Tonino, che fin da piccolo cominciò a frequentare quotidianamente l’ambiente rossoblu. “Ricordo che mio padre mi portò già da piccolissimo, 5 o 6 anni, ad assistere agli allenamenti della Samb. Aveva un rapporto meraviglioso con la squadra, lo staff e i dirigenti. Dal primo all’ultimo erano una cosa sola!”.
Esattamente 10 anni dopo la storica promozione, giunse a San Benedetto un giovane calciatore che farà la storia della Juventus e della Nazionale italiana: Franco Causio. “Uno dei momenti più belli della mia giovinezza accadde durante un allenamento della Samb. Ero a bordo campo, e Franco Causio si stava scaldando. Appena mi vide lanciò la palla verso di me e mi fece gesto di ridargliela. Io, ancora bambino, stavo scambiando la palla con un giocatore della Samb. Fu un’emozione unica”.
Con la morte del padre molto cambiò per Tonino, ma non l’amore per la Samb: “Avevo 9 anni quando se ne andò, e per qualche tempo non riuscii a tornare allo stadio, ma già a 12-13 anni ero al Ballarin. Da quel momento ad oggi, che di anni ne ho 59, non ho mai abbandonato i colori rossoblu“.
Se chiedi a Tonino quale sia il maggiore ricordo dei suoi anni al Ballarin, la risposta sarà la stessa della maggior parte dei tifosi della Samb: il maledetto rogo del 7 Giugno ’81. Anche il secondo ricordo, però, rappresenta un vero e proprio “mito calcistico” della nostra tradizione: Sambenedettese – Cavese, stagione 1980-81.
“Quella domenica arrivai di corsa allo stadio, lasciando la macchina, appena comprata, nello spiazzo dello stadio. Vedendo lo spiazzo totalmente vuoto rimasi stupefatto. Non sapevo cosa pensare: forse nessuno era andato allo stadio quella domenica? Mi sembrava strano…Lo capì subito dopo il motivo: i tifosi della Cavese lanciavano pietre grandi come macigni. Entrarono senza pagare il biglietto in 3-400 danneggiando tutti i cartelloni pubblicitari. Rimasi sbalordito: al Ballarin ne abbiamo viste di tifoserie “agitate”, ma mai come i cavesi. L’anno dopo accadde la stessa identica cosa, ma stavolta la città era preparata e pronti ad accoglierli a dovere…”.
Dal Ballarin al Riviera molto è cambiato nel modo di “vivere lo stadio”, ma il trasporto e la passione sono rimasti intatti. “Naturalmente non posso paragonare il mio modo di andare allo stadio da giovane rispetto ad ora. Al Ballarin ero giovane, passionale, vivevo la partita con impeto. L’atmosfera che riuscivamo a creare era fantastica: migliaia di leoni lottavano al fianco dei giocatori. Il passaggio da uno stadio all’altro, per me, ha rappresentato il passaggio dalla gioventù all’età adulta. Il tifo oggi è ancora bellissimo, ma molto meno irrequieto rispetto agli anni del Ballarin. Ciò che più è cambiato è il concetto di aggressività: gli spintoni o le scazzottate al Ballarin non avrebbero sconvolto nessuno; oggi creerebbero un polverone. La nostra passione, però, non è cambiata di una virgola“. Ed è proprio in nome della passione che in questi anni, con la sua ditta “Special Price”, Tonino ha deciso di supportare il progetto dell’Associazione NoiSamb.
Negli ultimi tempi la grande cavalcata di Titone e compagni sta accendendo ancora di più l’entusiasmo per un possibile ritorno in Lega Pro. Il pensiero di Tonino, però, va all’ultima vittoria del campionato, vanificata dalla mancata iscrizione e dalla scellerata gestione di Pignotti e Bartolomei. “Nella mia vita mi sono affezionato a tanti grandi giocatori, ma i ragazzi che, ormai quattro anni fa, vinsero il campionato di Serie D mi sono rimasti nel cuore. Sicuramente non sono i più forti ad aver indossato la maglia rossoblu, ma hanno affrontato ogni difficoltà con una passione e abnegazione commoventi. In quella stagione ho rivisto il vero spirito che anima da sempre la Sambenedettese: giocatori, allenatore, tifosi…una cosa sola!”.