50 anni di ritmo di Samba!

Un omaggio a chi ogni domenica ci fa saltare e ballare in curva. Una storia in pillole dei tamburristi rossoblu!

Di Giada Pignotti.

 

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Un numero esiguo di persone spesso non garantisce un gran tifo ma solo un bel colpo d’occhio, perchè per far vibrare i gradoni dello stadio ci vuole ben altro: carisma, costanza e ritmo.

tamburo al corteo

Al carisma e alla costanza ci pensano i tifosi e i lanciacori ,che con megafono e mani innalzano e mantengono i cori per tutta la durata del match. Il ritmo invece è interamente affidato al tamburo, simbolo del folklore che caratterizza le tifoserie più calde del mondo. A volte uno, a volte più di uno, il tamburo è elemento indispensabile dell’intensità del tifo. Dopo aver raccontato la voce della Curva Nord dei suoi tifosi, è doveroso  porre l’attenzione su coloro che in tutti questi anni hanno dato ritmo alle nostre domeniche.  Da chi ha portato per la prima volta gli strumenti in una curva, a quelli che hanno creato i ritmi dei cori must, coloro che perdono quasi ogni minuto di partita per coordinare le voci e dirigere un grande spettacolo: i tamburristi.

Amarcord

Tutto inizia sul finire degli anni ’60 quando Francesco, giovanissimo musicista, si accorge che il tifo rossoblù è così intenso da dover essere coordinato dalla musica: “prima i vecchi marinai portavano delle tavolette di legno e mi ricordo delle nottate passate a prepararle attaccandovi i lacci per poterle battere con le mani. Le grandi emozioni al Ballarin erano quasi scontate perciò i tamburi non servivano per dare calore bensì ritmo.” Così Francesco, all’insaputa del suo batterista (che scoprì “il fattaccio” solo dopo anni), porta la batteria nei distinti del vecchio stadio Ballarin. “Il primo nucleo di tamburi parte dai distinti: grancassa a tracollo, un rullante e i piatti“. Il tutto accompagnato dai legnetti e la sirena del Sig. Vincenzo di Pd’A.

“In trasferta ci si organizzava con i pullman, mai nessun divieto e quando arrivavamo c’era tanta curiosità”. Qualcuno si lamentava del rumore, come ricordano divertiti Fabio e Costantino, raccontando del I appello fatto dall’arbitro Mascali per sospendere la partita causa tamburi. “Sapere di aver iniziato un qualcosa che ha contribuito a rendere gloriosa questa tifoseria e che tutt’ora raccoglie entusiasmo è per me una gratificazione personale”.

strumento del tifo

In un viaggio musicale, sul filo della metafora, Francesco racconta della differenza tra il palco e gli spalti: “…una similitudine con la performance, per riunire il tifo, un po’ come un maestro d’orchestra. Solo che a differenza del palco, dove m’interessa di più la reazione del pubblico, c’era tanta curiosità in trasferta ma allo stadio il mio unico pensiero era che come avevo portato la batteria dovevo riportarla indietro”.

Avventure, battaglie, aneddoti indimenticabili: come caricare il tamburo sul “treciclo dei gelati” e gratificazioni come lo sviluppo del commercio degli strumenti musicali a San Benedetto grazie all’intuizione del giovane Ultras musicista. Il tamburo accompagna i momenti più gloriosi della Samb approdando anch’esso nel nuovo Riviera, dove un piccolo Cesarino cresce con le bacchette in mano diventando quello che, per tutti quelli iniziati al Riviera, resterà il tamburrista dell’Onda d’Urto.

Al Ballarin ero un bambino ed ero sempre dietro al tamburo, così una volta da ragazzino provai per caso, ma è in Curva Nord che iniziai a suonarlo tutte le domeniche“. “Non era per apparire, nè lo facevo per avere quel ruolo “ufficiale” solo…solo che mi piaceva suonare e far ballare la curva. Avrebbero potuto farlo tutti”. Eppure noi tutti ci ricorderemo sempre di lui. Cambia la musica negli anni e per la continua repressione e la differenziazione del tifo tra i gruppi organizzati, il tamburo inizia ad essere il simbolo di questa distinzione: suonare anche per far cantare ed imporre la propria voce sugli spalti.

Articolo tamburo

E’ così che le bacchette da Cesarino passano a Deccio, che ha appassionato i tifosi della Samb con i suoi ritmi movimentati negli ultimi 5 anni: “Tutto iniziò per caso: il tamburo apparteneva al gruppo Pd’A del quale facevo parte e all’epoca eravamo gli unici disponibili a portarlo e suonarlo. A Isernia, nel 2011 lo iniziai a suonare nel secondo tempo e da lì continuai fino ad oggi.” Tralasciati i problemi “tecnici” del rimbombo sulla copertura del Riviera, concentriamoci sulle emozioni, negate anche in questo ambito: “ricordo che in quegli anni non sempre era possibile portare il tamburo allo stadio perchè spesso non acconsentivano all’accesso limitando di tanto l’intensità del tifo”.

“Uno dei miei ricordi più belli legati al tamburo è relativo alla finale Play-off del 2011 contro l’Ancona in casa quando cantammo “lo sai che chi non salta è anconetano” a ritmo di marcia, azzardai un ritmo che poi piacque ai capi ultra e lo seguirono tutti. L’importanza del tamburo a mio avviso dipende dalla tifoseria: ad esempio, una curva come quella veronese di “stile inglese” non necessita del ritmo del tamburo, noi abbiamo più lo stile del tifo sudamericano. Per suonare il tamburo occorre avere indubbiamente un forte senso del ritmo sennò è “come lu c… che va a vela”.

tamburo delle palme

Come in una vera famiglia, il grande aiuta il piccolo e piano piano gli lascia il suo posto. E’ così che è iniziata l’avventura al tamburo di Alessandro: “Sin da quando ero piccolo sono entrato a far parte di questo mondo, quest’anno ho voluto mettermi alla prova e grazie ai consigli dei ragazzi ho potuto dare una mano alla tifoseria. Il momento più bello? Questo campionato è stato tutto fantastico ma se dovessi scegliere, indubbiamente scelgo la partita con l’Isernia in casa perchè mai avrei pensato che quel “lolololololo” potesse diventare un fenomeno cosi virale. Preso dall’entusiasmo azzardai un ritmo più movimentato e mi sento davvero orgoglioso per quello che ho fatto in quella occasione e di certo non mi sono risparmiato nel darci dentro!”

Altro nuovo ritmo di quest’anno è dato dal giovanissimo Daniele: “Tutto è iniziato al termine di Samb-Castelfidardo quando in curva un membro della vecchia guardia mi disse che avevano bisogno di qualcuno che avesse voglia di suonare il tamburo. Mi aspettavo che non sarebbe stato tutto rose e fiori, tanto che all’inizio ho dovuto abituarmi a suonare con una certa intensità per far sentire il tamburo e dare continuità ai cori. Sicuramente avere questo ruolo comporta delle responsabilità: durante la settimana mi sentivo con gli altri per vedere chi sarebbe andato alla partita per portare e suonare il tamburo o organizzarsi per mantenerlo sempre in buone condizioni”.

legare il tamburo

La vita del tamburrista è dunque una vita di scelte: o suoni o tifi, altro non possono fare ma è proprio in quelle mazzuole che sbattono contro la pelle del tamburo che loro esprimono la loro passione ed è quello il loro modo di tifare. Ci danno il ritmo, l’intensità e si passano le bacchette a seconda delle situazioni: a volte vuole suonare uno, a volte l’altro e a volte qualcuno non è in condizioni di farlo ma ognuno di loro ha inciso il proprio suono nella playlist dei nostri anni migliori e hanno dato ritmo a quelli peggiori.

Una squadra vincente, la nostra, fatta di vecchie glorie e giovani volenterosi che non vedono l’ora di approdare nei grandi stadi con le bacchette in mano.

“QUANDO AL CIEL SI ALZERAN LE BANDIERE E I TAMBURI TORNERANNO A RULLAR, UN SOLO GRIDO DALLA CURVA S’ALZERA’: FORZA SAMBA VINCI ANCORA PER GLI ULTRA”.

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