Bruno Ranieri: “Tutti volevano bene a Stefano, sabato sarà una giornata emozionante”

Il protagonista della rubrica “Di padre in figlio: storie di Samb” è Bruno Ranieri

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nella storia della Sambenedettese non sono pochi i giocatori che, giunti da qualsiasi latitudine dello Stivale, hanno deciso di mettere le radici a San Benedetto dopo la fine della carriera da calciatori. Uno dei più amati è Bruno Ranieri.

Nato a Torre Annunziata, Ranieri ha indossato alcune delle maglie più “pesanti” del Sud calcistico: Reggina, Napoli, Casertana, Turris, Nocerina e Cosenza. Nel 1980 la Samb decide di puntare su di lui per conquistare la promozione in Serie B: l’impresa viene raggiunta al primo tentativo.

Un giorno di festa tramutatosi in tragedia

Un giorno di festa tramutatosi in tragedia

L’amicizia con Stefano, la vita oltre lo spogliatoio, il calore del Ballarin e la “rivoluzione” del Riviera: Bruno Ranieri si racconta nella nuova puntata della rubrica “Di padre in figlio: storie di Samb”. 

Bruno, cominciamo dal presente. Sabato ci sarà l’inaugurazione del “Largo Stefano Borgonovo” con la presenza di Chantal Borgonovo, moglie di Stefano. Quali emozioni provi?

“Sono davvero felice che questa iniziativa è diventata realtà. Stefano, oltre che un grande amico e un bravissimo calciatore, è un simbolo della lotta contro la ‘stronza’, come la chiamava lui. Con lui ho passato un anno bellissimo, non solo per i risultati ma per la persona che era. Può sembrare banale e ipocrita dire una cosa del genere di una persona che non c’è più, ma nel suo caso non è così: tutti volevano bene a Stefano. Riusciva a farsi amare dopo pochi secondi. 

Mauro, il figlio di Bruno, insieme a Stefano Borgonovo

Mauro, il figlio di Bruno, insieme a Stefano Borgonovo

Della sua esperienza a San Benedetto, lui spesso ricordava il gol che gli feci segnare contro il Pescara. Devo dire la verità: lui lo ricordava molto meglio di me.

Raccontava come strappai palla al mio avversario e lo lanciai in porta a tu per tu con il portiere. Scherzavamo sul fatto che io avessi lanciato “a caso” e non era mia intenzione fare un assist così bello.

All’inizio si pensava che la SLA colpisse solo i calciatori, ma non è così: poco dopo la sua malattia ho scoperto che anche una mia amica ne era affetta. Il lavoro che svolge la Fondazione Borgonovo è encomiabile e va supportato da tutti noi”.

Veniamo alla tua esperienza a San Benedetto. In sette stagioni hai vissuto la promozione in B, il rogo del Ballarin e il passaggio al Riviera delle Palme. Che ricordi hai del tuo periodo?

“Quando arrivai a San Benedetto ero reduce dalla vittoria del campionato con il Cosenza. Ero molto amato dai tifosi e quando il Presidente decise di cedermi alla Samb ci fu una grande protesta dei tifosi sotto casa sua. Fui costretto dalla società ad andare in tv a dire che dovevo necessariamente trasferirmi perchè mio figlio aveva bisogno dell’aria di mare. Erano vecchie scuse che venivano usate spesso a quei tempi. Nel mio primo anno a San Benedetto vincemmo il campionato. Tutti sanno come è andata a finire la festa promozione contro il Matera: fu una giornata terribile”.

Dopo il rogo del Ballarin molte cose sono cambiate. Che impressione hai avuto nel trasferirti al Riviera?

“Il passaggio dal Ballarin al Riviera delle Palme non è stato facile. Il Ballarin era la nostra casa, la nostra trappola: i giocatori sentivano e toccavano (nel vero senso della parola) l’umore del pubblico, e i tifosi sentivano e toccavano il nostro sudore e le nostre emozioni. Il pubblico scendeva in campo insieme a noi e in casa lasciavamo pochi punti agli avversari.  Il Riviera era uno stadio più grande, più moderno, anche il gioco era diverso: più tecnico, palla a terra e gradevole. Si può dire che al Riviera si giocava a pallone, al Ballarin ogni partita era una lotta”.

Quali sono le partite che ricordi con più emozione di quegli anni?

“Due delle partite più belle sono state senza dubbio il 2-2 ottenuto al San Siro contro il Milan e la vittoria sull’Inter in Coppa Italia. Giocavamo contro i campioni del mondo!

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Un’altra partita che ricordo molto bene è quella contro la Cremonese. Vincemmo 3 a 0 e io segnai uno dei miei 2 gol con la maglia della Samb. Tutto nacque da uno schema su fallo laterale che Sonetti ci faceva preparare in allenamento.  Io e Caccia abbiamo fregato il marcatore della Cremonese con un blocco e dal limite dell’area ho segnato il mio primo gol in rossoblu”.

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Qual era il segreto della Samb di quegli anni?

“La nostra marcia in più era sicuramente il Ballarin con il calore dei tifosi, ma un altro fattore importante era l’affiatamento del gruppo. A San Benedetto noi esperti tenevamo sotto l’ala protettiva i più giovani. Se succedeva qualcosa in campo, un litigio o un’incomprensione, veniva subito cancellato a fine gara perchè eravamo grandi amici. In quegli anni formammo anche un gruppo di preghiera presso la chiesa di San Pio X, con l’allora parroco Don Filippo: eravamo affiatati e uniti anche fuori dal campo. Inoltre, voglio ricordare con affetto una persona che ha reso quegli anni speciali: il grande Presidente Zoboletti“.

Gruppo di preghiera dei giocatori con il parroco Don Filippo

Chi è stato il tuo compagno di squadra preferito?

“Mi sono trovato bene con tutti e ho conosciuto ragazzi eccezionali, ma il migliore compagno di squadra è stato Giancarlo Pietrangeli. Per me è diventato fin da subito un fratello. Anche oggi ci sentiamo sempre: lui è venuto al matrimonio e battesimo di mia figlia  e io sono andato alle feste della sua famiglia”.

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