Vittorio Esposito: giustificare le aspettative

Vittorio Esposito è un fenomeno per tutti, ma non ha mai esordito nei professionisti. A San Benedetto ha la chance di cambiare la sua storia


Il 10 ottobre 2015 la Sambenedettese affronta per la prima volta il Matelica, nello scontro che caratterizzerà tutta la stagione di Lega Pro. Contestualmente, San Benedetto viene a contatto con il mondo di Vittorio Esposito, e l’impatto è fragoroso: nel 4 a 1 del Matelica il fantasista è protagonista e tiranno della partita, tenuta in ostaggio al ritmo delle sue giocate.

Il molisano ha il 10 sulle spalle, una cascata di capelli sopra la testa, e il pallone incollato ai piedi. Preso e svincolato dal Pescara, in estate, il giocatore è circondato dal fascino del genio incompreso. Al Riviera passa gran parte della sua gara in perfetta solitudine, un isolamento interrotto solo dalle fiammate che finiranno per bruciare la partita.

Una decina di dribbling, tre assist, e vari deliri di onnipotenza: Esposito sa come far innamorare

Strade perdute

Questa partita segna la stagione dei rossoblu (con l’esonero di Beoni) e dà inizio ad una lunga storia d’amore. Non è la prima partita di Esposito contro la Samb (l’aveva affrontata già col Chieti), ma è quella più importante: il presidente Fedeli resta fortemente impressionato dal giocatore, inseguito nel mercato invernale e poi ricercato in estate. Esposito diventa il feticcio del patron sambenedettese, ma nonostante tutto le strade restano parallele: mentre i rossoblu si attrezzano per la Lega Pro il giocatore molisano decide di restare al Matelica, l’unica squadra (al di fuori della zona abruzzo-molise) capace di accoglierlo.

Quasi tutta la carriera di Esposito si è consumata vicino alle zone della sua infanzia. Da Petacciato a Chieti, passando per Campobasso, Termoli, Sulmona, Giulianova e Agnone: tanti cambi di maglia, tutti vicini alla sua città natale, e sempre ai margini del calcio professionistico. Le idiosincrasie del giocatore molisano sono il motivo per cui tutti lo vedono superiore al contesto, e la ragione per cui non può uscirne.

La sua storia personale è arcinota: a 13 anni Vittorio rifiuta un trasferimento alla Juve per non abbandonare la famiglia, e per motivi simili chiude le porte a opportunità come Bari e Napoli. Da questi racconti giovanili viene spiegata la sua intera carriera, tutta trascorsa tra Eccellenza e Serie D.

Esistono due Vittorio Esposito, e non sono neanche così simili. C’è il Vittorio Esposito dei suoi tifosi, visto e vissuto da vicino, un fenomeno che meriterebbe di giocare in Serie A; c’è il Vittorio Esposito per il resto del mondo, quello che a 27 anni ha giocato appena 4 stagioni in Serie D, ed è stato svincolato dal Pescara dopo due mesi senza aver mai esordito tra i professionisti.

Il calcio è un mondo di etichette. Ad Esposito è toccata quella di “genio e sregolatezza”, ripetuta allo sfinimento in ogni pezzo che lo riguarda. Una descrizione colpevolmente pigra, e probabilmente sbagliata. Nonostante la sfrontatezza mostrata in campo, il fantasista molisano è un ragazzo tranquillo, uno che è più facile vedere alla festa di paese che in discoteca.

Data qualche difficoltà a parlare davanti alle telecamere, quello che vediamo di lui ci arriva soprattutto dall’esterno. Su youtube c’è una raccolta enorme, specie se rapportata al contesto. Come sempre, piccolezza e grandezza: da una parte una fan base più grande di molti giocatori in Serie B, un gruppo così appassionato da fare video celebrativi, recap stagionali e raccolte di skills; dall’altra l’impressione casalinga degli stessi, più simili a filmini di famiglia che video di tifosi. Colonne sonore da kolossal e palleggi con le arance, effetti stile Windows 98 e telecronache “rubate” ai telecronisti di Sky. Le compilation su Esposito restituiscono la tensione tra grandezza e provincialismo.

Innamorato del pallone, e dal pallone ricambiato

Azioni come quelle qui sopra mostrano un giocatore eccezionale, inteso nel senso letterale del termine. Controllo, dribbling, lucidità e freddezza: ognuna di queste qualità è sopra la media di compagni e avversari, e il suo impatto si sente. Sulla fascia come sulla trequarti, a campo aperto e negli spazi stretti, vediamo Esposito misurarsi con ogni tipo di situazione, e uscirne sempre con la palla al piede.

Considerato questo tipo di qualità, il generico “problema di testa” sembra offrirci la risposta a tutti i mali del molisano, e sarebbe facile fermarsi qui. Ma la verità sul giocatore Esposito è un po’ più complessa. Il suo percorso tecnico (ma anche umano) non è lineare come sembra, e per capirne il meccanismo bisogna il flusso dei suoi dribbling: poco lineari, articolati, barocchi, quasi dispersivi.

Il primo aspetto che colpisce di Esposito è il modo in cui partecipa alla partita. Il molisano è un interruttore a due gradazioni: spento o acceso, senza vie di mezzo; quando non lo vediamo partecipare all’azione è (quasi) sempre fermo sul posto, più preso a vedere la partita che prenderne parte. Senza un continuo coinvolgimento (col rischio di vederlo fagocitare il gioco) bisogna rassegnarsi all’intermittenza, con la possibilità di non vederlo accendersi mai.

Esposito è importantissimo quando è presente nel gioco, ma quando tocca poco palla non si vede più. L’impressione è quella di un giocatore che riesce a dare un impatto solo col pallone tra i piedi, dove è spesso decisivo. Senza palla è scostante, sembra quasi schivare il lavoro sporco, come se non avesse la voglia o la consapevolezza di usare le sue qualità per quelle banalità utili alla squadra. Da qui il suo (scarso) rendimento difensivo, e una contestata voracità di gioco. Più che innamorato del pallone, Esposito è un giocatore che senza quasi non esiste.

Con la palla è tutto un altro discorso: Esposito ha una capacità innata a dare il suo ritmo alla partita, comandarla, a volte prenderla proprio in ostaggio. Molti lo vedono come un individualismo, ma è il suo modo di servire la squadra. Ogni azione è frutto di una sfida estemporanea, lui contro tutti. Questo comprende la possibilità di condurre palla per venti secondi buoni, ma – se la giocata è libera – anche liberarsene in un paio di tocchi.

Nella sua esperienza in Serie D il molisano ha fatto 52 gol in quattro stagioni, ma ha giocato solo 92 partite su 136. È come se avesse saltato un campionato intero. Una statistica che spiega la clamorosa incisività del giocatore, ma anche la sua altalenanza.

Vittorio Esposito è un giocatore capace di segnare in qualsiasi momento, ma che a volte scompare. Il turbo che ti fa accelerare in rettilineo, ma non riesce sempre a farti uscire dal pantano. A volte basta, a volte no. Più che “la testa”, il problema della sua carriera è sembrato tutto qui: la sua forza di incidere non solo sulle partite, ma sui campionati.

A 29 anni quasi compiuti, la sua prima grande opportunità nel calcio professionistico potrebbe anche essere l’ultima. Esposito arriva a San Benedetto accolto da un misto di euforia e sospetto, tra chi lo crede un fenomeno e chi non si fida di lui. Troverà uno stadio da grande e un pubblico caldissimo, pronto a infiammarsi al ritmo delle sue giocate. Se sarà un fuoco di paglia o no dipende solo da lui.

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