Il Rimini torna in C e sogna un calcio diverso

Rimini calcio

I romagnoli tornano dopo 3 anni nel professionismo e la società lancia un progetto ambizioso


Gli ultimi anni del Rimini Calcio somigliano molto a quelli vissuti dai tifosi rossoblu. Delusioni, tradimenti, retrocessioni, speranze di rinascita e l’attesa di una solidità societaria che appare utopia nel calcio di oggi. La società che oggi festeggia la vittoria del campionato di D ha appena due anni di vita e nasce dalle ceneri dell’Ac Rimini 2012. Il fallimento del presidente De Meis ha costretto ancora una volta i biancorossi a ripartire dall’Eccellenza con un nuovo patron (Giorgio Grassi), due bandiere dentro e fuori dal campo (Adrian Ricchiuti e il portiere Scotti) e la solita missione: riportare il Rimini nelle categorie che contano.

Il doppio salto biancorosso

Se la vittoria del campionato di Eccellenza era obiettivo quasi scontato della nuova società, il trionfo in D è stato accolto con sorpresa da tutte le parti in causa. Per precisa volontà di Giorgio Grassi, il Rimini puntava ad un anno di consolidamento al fine di gettare le basi per le prossime stagioni. La squadra è affidata all’emergente Simone Muccioli, gran parte della rosa della scorsa stagione viene confermata (su tutti il portiere-capitano Scotti e il centravanti Bonaventura) e la bandiera Adrian Ricchiuti appende le scarpette al chiodo per intraprendere una nuova avventura da Team Manager.

Nonostante il cambio in panchina, dovuto a tensioni tra tecnico e squadra, con l’arrivo di Gianluca Righetti il Rimini resta saldamente nei piani alti della classifica. Da underdog del girone, i biancorossi si trasformano lentamente nella squadra da battere e un gol di Ambrosini allo scadere regala il successo e il sorpasso ai danni del Fiorenzuola. I romagnoli sfruttano gli stop di Fiorenzuola e Imolese per lanciarsi in solitaria verso la conquista della Serie C: il giorno della festa è il 15 Aprile, grazie agli undici punti di vantaggio sulle inseguitrici.

Il sogno del patron Grassi

“La Serie C è complicata a livello economico, difficile da sostenere per diverse piccole realtà…Voglio che il Rimini diventi davvero un bene per tutta la città, senza uno al comando, tutti si devono sentire parte del progetto, e non un giochino in mano allo sceicco o all’imprenditore di turno”. Con queste parole il presidente Grassi ha annunciato in questi mesi i suoi obiettivi a lungo termine: l’inaspettata promozione ha accelerato i tempi, ma il patron si dice convinto che ci sia un solo modo per compiere il salto di qualità anche a livello societario.

Questa proprietà conferirà il proprio patrimonio a costo zero, chi compra parte da zero debiti con un progetto già avviato. Non chiederemo un centesimo, sarà un’azionariato democratico, con un direttivo ed un presidente. Chi compra per mille euro ha un voto, chi compra per 100mila avrà cento voti, e così via. La vecchia proprietà avrà un diritto di voto esattamente come gli altri, a seconda di quanto compra. Io sarò uno dei tanti, non sarò presidente o amministratore delegato. Questa è la mia idea, ma siamo ancora molto indietro, il nostro sistema calcio non è ancora pronto per fare questo passo, ma in futuro chissà…”.

Un altro calcio è possibile?

Le parole di Giorgio Grassi sono musica per le orecchie di chi crede in un profondo cambiamento culturale nel concetto di governance nel calcio italiano. Il modello di società a proprietario unico ha mostrato innumerevoli crepe negli ultimi anni con uno spaventoso numero di fallimenti o pesanti indebitamenti. Il modello dell’azionariato diffuso ha già basi solidissime in Spagna, Inghilterra e (soprattutto) Germania ma stenta a fare breccia nella cultura calcistica italiana, ancorata all’idea del benefattore filantropo pronto a far sognare i tifosi a suon di milioni.

Una delle prime piazze in Italia dove si è iniziato a parlare di un modo diverso di fare calcio è proprio la città romagnola, grazie alla nascita degli “Amici del Rimini Calcio” nel 28 febbraio 2011. Come l’Associazione Noi Samb, gli Amici del Rimini Calcio portano avanti l’idea di un’esigenza di profondo rinnovamento nel modo di fare calcio in Italia: inclusione della società nel tessuto economico cittadino, sviluppo del settore giovanile, lotta alla corruzione e agli interessi dei tanti banditi che infestano il calcio italiano, e soprattutto un ruolo attivo dei tifosi nel processo di gestione quotidiana della squadra.

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