Cult: Recanatese-Sambenedettese 1-2

Recanatese-Samb 1-2

Recanatese-Sambenedettese 1-2 (2012-13), il canto del cigno prima dell’ultimo fallimento


Col ritorno tra i professionisti il ritmo delle stagioni rossoblu si è fatto sempre più frenetico. Schiacciate tra i Playoff e la Coppa Italia, le estati sambenedettesi hanno perso il peso e la pregnanza di qualche anno fa, quando i tre mesi tra un campionato dilettantistico e l’altro portavano con sé una lunga serie di speranze, delusioni, scetticismi e incertezze.

La Serie D è un campionato strano, dove la competizione sportiva si mischia al campanilismo più viscerale, e le squadre esotiche si chiamano Fidene, Amiternina e Astrea. Un campionato dove le grandi non sono mai abbastanza grandi, e le piccole possono essere più pericolose di una biscia nell’erba alta. Un campionato che può regalare gloria ad ogni squadra, o farla affondare per sempre. Per cinque degli ultimi otto anni, è stata la casa della Sambenedettese.

Quella dei rossoblu nel campionato interregionale è stata una storia convulsa e complicata, fatta di campionati deludenti, rimonte sfumate e vittorie inutili. Ogni anno una storia diversa, e con sé un lungo numero di protagonisti che l’anno dopo sparivano dalla circolazione, in un altra categoria, campionato o girone, virtualmente irraggiungibili. Col passare degli anni la lunga serie di giocatori passati a San Benedetto (con maglie che andavano rigorosamente dall’1 all’11) è iniziata a sfumare, lasciando molti nell’oblio.

L’unica squadra rimasta indenne a questo destino è stata quella che, per molti versi, ha rappresentato meglio questo periodo: la Sambenedettese del 2012-13. L’ultima vincente prima dell’era Fedeli, e forse la più incompiuta: una squadra fatta da figure diventate favolose, quasi mitologiche, e che per molti versi rappresentano un punto di paragone imprescindibile.

Ancora oggi, ogni giudizio sugli attaccanti passa sul confronto con il bomber Pazzi. E così vale per tanti altri, che guardano i giocatori di oggi pensando ai dribbling di Forgione, i lampi di Napolano e gli anticipi di Marini. Simboli indelebili di un castello di sabbia, crollato sotto le carte bollate dell’estate successiva; eppure tanti momenti sono rimasti scolpiti nella mente dei tifosi, lasciando l’impressione che non sia stato tutto completamente inutile. Il fallimento della Sambenedettese ha cassato il risultato sportivo, ma non ha cancellato le emozioni di un’annata comunque straordinaria, costellata di partite pazze e impossibili.

Il senso di quella stagione non può che risiedere nel suo punto più alto, quello che poi si rivelerà l’ultimo passo prima dell’abisso: Recanatese-Sambenedettese 1-2, ultima giornata del campionato di Serie D (2012-13).

La partita

Il “Lino Turina” di Recanati è stracolmo, forse oltre i limiti consentiti. Nella settimana precedente tutta San Benedetto aveva spinto per lo spostamento della partita a Civitanova, per dare più spazio alle centinaia di tifosi che volevano assistere alla partita più importante della stagione. Con una vittoria potevano assicurarsi il ritorno tra i professionisti ai danni del San Cesareo, superata giusto una settimana prima. Le richieste erano state insistenti, ma la Recanatese (che lottava per non retrocedere) ha infine deciso di giocarsela in casa propria, attirando le ire degli avversari e l’applauso dei suoi.

La società rossoblu predica prudenza, ma nonostante la diretta su Rai Scuola, il maxi schermo dietro al liceo alberghiero e l’aumento di tagliandi per gli ospiti (che passano da 300 a 484) a Recanati sono arrivati più di 500 tifosi, che bene o male – entrando di nascosto, o assiepati dietro qualche rete – riusciranno a seguire la partita.

Tra i “clandestini” c’è anche mister Ottavio Palladini, espulso due settimane prima a Pesaro, quando sembrava tutto perduto. La sconfitta coi biancorossi poteva essere il colpo di grazia, ma la Sambenedettese era stata aiutata da due marchigiane: nella stessa giornata l’Ancona aveva battuto il San Cesareo a domicilio, e la settimana dopo la Civitanovese ha fermato i romani sullo 0-0. Nel frattempo la Sambenedettese aveva vinto una partita incredibile con l’Isernia, in una gara in cui i rossoblu erano andati sotto, hanno rimontato, si sono fatti riprendere e sono riusciti a tornare avanti nel finale, resistendo all’assedio avversario grazie a tre interventi miracolosi di Barbetta.

Dal potenziale -4 la Samb si è trovata a +1, a una sola partita dal termine: dopo una stagione a inseguire ha finalmente il destino nelle sue mani. Lo stadio, come detto, è stracolmo: chi non c’è ascolta la radio, o segue le due dozzine di giornalisti (quasi tutti sambenedettesi) ammucchiati nella “tribuna stampa” del Turina, che consiste in un rialzo mobile di ferro messo sull’ultimo gradone della tribunetta al fianco del settore ospiti.

A 20 minuti dall’inizio i tifosi sambenedettesi hanno già iniziato a cantare, con una veemenza che sembra includere anche i tanti rimasti fuori. Mentre la Sambenedettese entra in campo spunta uno striscione che recita “L’imperativo è sempre lo stesso, via da questa me**a adesso”.

Recanatese-Samb

I rossoblu entrano in campo con il solito 4-3-3: a difendere i pali c’è Barbetta, i terzino sono Camilli e Carminucci (due sambenedettesi doc), i centrali Marini e Quondamatteo. Quest’ultimo era tornato alla Samb (e al calcio giocato) appena un mese prima, per coprire il vuoto lasciato dall’infortunio di Aquino: «Avevo deciso di lasciare il calcio, ma essendo prima di tutto un tifoso di questa squadra non potevo perdere questa occasione».

Il suo arrivo era precauzionale, ma era diventato molto più tangibile dopo la partita di Pesaro, quando l’espulsione di Ianni lo riporta in campo. Il suo ingresso è nel segno del destino: all’esordio da titolare segna il momentaneo 1 a 1 con l’Isernia, e adesso – da tifoso che era – si trova in campo nella partita più difficile. Nel frattempo lo squalificato Ianni guarda la gara degli spalti, completando esattamente il percorso inverso.

Marco Ianni

Per il resto poche sorprese: davanti alla difesa c’è il trio composto da Scartozzi, Carpani e Traini; in attacco Pazzi è assistito da Napolano e Forgione. L’argentino è una delle migliori sorprese della stagione, e dimostra il suo grande stato di forma anche ad inizio partita: al 16esimo il fantasista intuisce la spizzata di Pazzi, sguscia alle spalle di un difensore e prova l’esterno sinistro a incrociare; un minuto dopo tocca in avanti una spizzata di Traini, scambia con Pazzi e prova il tiro: per la seconda volta viene tradito dall’esterno sinistro, lo stesso punto del piede alcuni mesi prima gli aveva regalato il gol del vantaggio a San Cesareo, in una partita che si sarebbe poi rivelata importantissima.

Pochi minuti dopo, il primo brivido: Rachini lancia lungo per Palmieri, aiutato dal mancato intercetto di Quondamatteo; Barbetta salva il compagno con una grande uscita. La Samb torna subito all’attacco, aiutata da un Pazzi in stato di grazia: dopo i due assist per Forgione il capitano rossoblu si inventa un altro filtrante in girata per l’inserimento di Carpani, che manda a lato. Più tardi ci prova due volte Traini, da fuori area, senza fortuna.

Sono le prove per il gol: al 38esimo Pazzi riceve sulla trequarti, controlla in mezzo a due avversari e allarga a destra per Camilli. Il terzino crossa in mezzo, facendo partire una traiettoria alta e lenta, e nel cuore dell’area spunta Carpani, che si arrampica in cielo e schiaccia in porta. La palla tocca le mani di Paniccià, sbatte sul palo e finisce in rete.

Con questa rete il 20enne risolve la dicotomia zannabianchesca che l’ha accompagnato nei suoi tre anni in rossoblu: nato e cresciuto nell’Ascoli, protagonista con la Sambenedettese. Dopo il fallimento torna in bianconero cancellando la magia

Il vantaggio distende i nervi dei sambenedettesi, che iniziano a giocare più sciolti e nei minuti successivi sfiorano il raddoppio con Traini. Nella ripresa gli uomini di Palladini sembrano avere la partita in mano: al 52esimo Pazzi fa un’altra grande giocata, lanciando la sovrapposizione di Forgione sulla fascia destra; l’argentino corre qualche metro a fianco al pallone e poi lo addomestica con il solito esterno mancino, aspettando l’inserimento di Napolano. La palla arriva coi giri giusti, ma il numero 7 manca la porta.

La Samb sembra quasi voler gestire, ma in una stagione del genere si tratta di un lusso impossibile: pochi minuti dopo il gol mancato di Napolano la Recanatese pareggia. Non sorprendentemente, il gol arriva su calcio piazzato, l’unica occasione in cui gli uomini di Omiccioli erano riusciti a trovare il tiro in porta. È un gol scomposto e forse ingiusto, ma è quanto basta a cambiare la partita.

Dopo la rete Barbetta manda la palla verso la metà campo, e un giocatore recanatese l’allontana. Da quel momento i palloni spariscono

Forte del pareggio la Recanatese si accampa nella propria trequarti, cercando di giocare un po’ a calcio e un po’ col cronometro. La partita si inasprisce, ma nel momento più difficile la Samb ritrova i suoi fantasisti. In questa stagione Napolano e Forgione stanno giocando il loro miglior calcio possibile, lasciando intravedere qualità che li dovrebbero spingere molto più in alto di quanto sarà in realtà. Si tratta di giocatori quasi antitetici: Napolano è come una brace, che cova la fiamma e poi improvvisamente la fa esplodere (solitamente con un tiro a giro sul palo lontano); Forgione è un ruscello, che scorre lento, a volte impercettibile, e poco a poco scava anche la pietra.

Quando i due combinano, l’aria diventa frizzante: per tutta la stagione i due sono stati il motore creativo della squadra, e lo stesso avviene nella partita di Recanati. Al 60esimo Napolano riceve largo sulla sinistra, stoppa la palla con la suola e pesca il taglio di Forgione; l’argentino controlla col petto, ammorbidisce il pallone con un palleggio e serve Carpani con un tacco; poco dopo Forgione prova a ricambiare il favore, senza fortuna.

Ma quanto era forte?

Palladini decide di battere il ferro: dopo 5 minuti Shiba entra al posto di Scartozzi, e Forgione viene spostato vicino a Napolano, come mezzala sinistra. Pochi minuti dopo i due combinano sulla fascia e mettono una gran palla per Pazzi, anticipato; nell’azione successiva Forgione guadagna una punizione che Napolano manda quasi sotto all’incrocio, trovando i guantoni di Paniccià. Il portiere di casa si ripete pochi minuti dopo su Traini, servito sempre dai soliti due.

Ormai è un assedio, ma il tempo scorre e i rossoblu non riescono a sbloccarla. Le punizioni di Napolano non sono al livello del suo soprannome, ma Re Mida ci prova in tutti i modi, sfiorando addirittura il gol di testa. Lo stesso vale per Forgione, che al 90esimo salta un avversario, scambia con Napolano e mette una gran palla per Pazzi, fermato dalla traversa.

Pazzi sta facendo una partita strepitosa, ma sotto porta non gliene va bene una. Si riscatterà tra poco

Nel frattempo viene comunicato il pareggio del San Cesareo, che va 3 a 3, facendo sprofondare nell’ansia i rossoblu. Ai romani basterebbe un solo gol per il sorpasso, e la minaccia sembra tutt’altro che lontana.

Nel corso del campionato le rimonte del San Cesareo sono state così frequenti da diventare quasi un cliché. Il lungo inseguimento dei rossoblu è stato frustrato più volte dalle vittorie all’ultimo dei laziali, che dovrebbero anche spiegare qualcosa per la partita con l’Astrea (ai tempi allenata dal fratello del tecnico sancesarese, Giuseppe Ferrazzoli), che nello scontro diretto perse partita e imbattibilità interna facendosi rimontare il vantaggio nello spazio di due minuti, senza dare grande battaglia nei 40 successivi.

Insomma, la Sambenedettese non si fida, e quindi si butta in avanti per cercare il gol della sicurezza. Al 94esimo Shiba vince un duello aereo, mette la palla a terra e crossa dentro: in area succede di tutto. Carpani va a terra su una trattenuta di Committante, Pazzi si vede addirittura sfilare la maglia da Patrizi. Un fallo così sfacciato da non permettere altro che una decisione: calcio di rigore.

Un rigore così folle, in un momento così drammatico, lo potevate vedere solo in Serie D

Lo stadio esplode: urla di giubilo e disperazione si confondono con le proteste dei recanatesi, che si lamentano con l’arbitro e intanto cercano di informare i sambenedettesi che l’altra partita, quella che si gioca a San Cesareo, è ormai finita. Ai rossoblu basterebbe quindi un pareggio, che per la Recanatese (in corsa proprio col Celano, avversaria dei laziali) significherebbe evitare la retrocessione diretta.

Pazzi prende la palla in mano, e in quel momento tutto si ferma. Il capitano rossoblu è alla terza stagione con la Sambenedettese, e ad oggi è ancora il centravanti più longevo (e amato) dell’ultimo decennio. Un matrimonio felice, che poteva arrivare anche prima, quando il mancato ripescaggio in Serie D fece rinviare l’appuntamento all’anno successivo.

Non è stato mai semplice, per Pazzi e la Samb: il primo anno inizia con 7 gol in 10 partite, ma un infortunio lo costringe a stare fuori per tutta la stagione; nella seconda stagione va molto meglio (13 gol in 25 partite), ma il secondo posto dietro al Teramo lascia il sapore amarognolo dell’occasione persa.

Ora si trova tra le mani la palla che potrebbe mettere in cassaforte la promozione, dando un senso ai sacrifici fatti in quell’annata che scopriremo essere senza stipendi né certezze. Pazzi viene circondato da avversari che gliene dicono (e gliene promettono) di ogni, ma quando è il momento giusto le gambe non tremano, e la palla va sotto all’incrocio.

Dopo il gol Pazzi si toglie la maglia (da solo, stavolta) e prosegue la corsa verso i tifosi, avendo cura di tenere la fascia da capitano stretta in pugno. È la fascia della promozione.

Al fischio finale l’esultanza dei rossoblu è stanca, commossa e rabbiosa, ben rappresentata dal suo allenatore: Palladini entra in campo e lo attraversa guardando sempre e solo i tifosi, coi pugni in aria come un pugile stremato. Nel frattempo la Recanatese ha fatto partire una caccia all’uomo contro i giocatori avversari, protetti da tifosi incappucciati e agenti antisommossa. Ai rossoblu verranno negati anche gli spogliatoi, ma poco importa: i giocatori si abbracciano in mezzo al campo e cantano con gli ultrà presenti, scaldando i motori per quella che sarà la passerella in zona porto.

Sapendo che poi è successo quel che è successo, le immagini della festa hanno un che di beffardo. La stagione che doveva portare alla rinascita finirà per essere l’inizio di un lungo crepuscolo. Per la Sambenedettese, per i suoi tifosi, ma anche per un modo di pensare il calcio che si rivela impossibile.

Il fallimento sarà un punto di non ritorno anche per i giocatori: da lì a poco Barbetta e Camilli  lasciano il calcio giocato, e così fanno anche Ianni e Quondamatteo; Traini resta alla Samb nel campionato di Eccellenza, Napolano e Forgione ci passeranno qualche anno dopo, senza replicare la magia; il ritorno stuzzicherà anche Pazzi e Marini, che decidono di proseguire altrove. Palladini e Voltattorni (nonostante le offerte) restano a San Benedetto, impegnandosi a ricostruire il settore giovanile.

Dell’estate successiva ci rimane solo tanta sofferenza, resa grottesca da promesse vuote, cordate fantasma, annunci del sindaco e pellegrinaggi alla Figc. Una storia come tante altre, simbolo di un calcio – quello dilettantistico – lasciato spesso all’abbandono, infettato e in decadenza. Quella Sambenedettese non c’è più, ma quanto è stato sul campo resta vivo e indimenticabile, per noi che la raccontiamo e per tutti quelli che l’hanno vissuto. Ed è giusto ricordarlo così.

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