In una Serie C che mastica allenatori e giocatori, Federico Angiulli si è innamorato della Samb e della città che lo ha accolto
Quando la Sambedettese ha annunciato, un anno fa, l’arrivo in prestito di Federico Angiulli, tutti si aspettavano un giocatore di passaggio: uno di quei talenti discontinui che stentano a trovare la dimensione giusta. In poche parole, il prototipo dell’attuale Serie C, la divisione che più di tutte mette in mostra la crisi strutturale del calcio italiano. I problemi economici dei club di terza divisione hanno modificato profondamente sia il rapporto tra giocatori e club sia quello tra giocatori e tifosi. La Serie C è il regno del precariato: a fine anno le società tendono a fallire, a cercare una nuova proprietà per risanare i debiti o a stravolgere la rosa per cercare nuova linfa sul mercato.
Pochissimi giocatori riescono a salvarsi dal continuo clima di tempesta. Non è un caso che la Samb in estate abbia perso il capitano Rapisarda e il suo vice Miceli senza che l’ambiente gridasse allo scandalo: entrambi si sono rivelati grandi professionisti ed elementi importanti per il progetto, ma l’idea di “giocatore bandiera” ha abbandonato da tempo la testa di tifosi e addetti ai lavori.
La storia recente del centrocampista classe 1992 ha diversi tratti in comune con la maggior parte dei giocatori di Serie C: tanti cambi di casacca, precarietà dovuta alla crisi dei club (il Catania, proprietario del suo cartellino della precedente stagione, è stata per mesi in amministrazione controllata per rischio di bancarotta e fino all’ultimo la sua iscrizione è stata a rischio) e un continuo via vai all’eterna ricerca del progetto ideale.
Eppure, arrivato in prestito come esubero dal Catania, Federico Angiulli non solo ha disputato una grande stagione, diventando il punto di riferimento in mezzo al campo di mister Montero, ma si è anche innamorato della Sambenedettese e della città di San Benedetto del Tronto. Non si vedeva da tempo un giocatore legarsi in così breve tempo al territorio che lo ha accolto: a vederlo da vicino, sembrerebbe che Angiulli sia nato e cresciuto all’ombra del Torrione.
La sua storia è allo stesso tempo antica e moderna: antica come gli esempi delle storiche bandiere che, arrivate a San Benedetto per giocare al Ballarin, hanno finito per mettere le radici in Riviera; moderna perchè quest’amore è espresso pubblicamente attraverso l’intensa attività sui social. Il paragone con i “grandi” del passato finisce qui, perchè non avrebbe senso addossare ad Angiulli il peso di imitare i Simonato, Chimenti, Beni, Ranieri e tanti altri: si parla di un giocatore che, dopo un’ottima prima stagione, ha appena firmato un contratto biennale.
Non si può sapere se Federico Angiulli diventerà o meno una bandiera della Sambenedettese. Giocherà bene, sbaglierà, prenderà applausi e fischi come tutti gli altri giocatori. Ma lo farà sempre con una passione nei confronti della maglia che conforta e dà ancora speranza a un calcio che sembra mettercela tutta per far disamorare i tifosi.