Lo 0-3 del Modena è solo la punta dell’iceberg

La crisi del Modena calcio, oggi, è sotto gli occhi di tutti. Ma in molti si sono accorti del pericolo solo quando il danno era irreparabile


Ha fatto molto scalpore la partita di Serie C non disputata tra Modena e Mestre. Il club emiliano, in rotta da tempo con il Comune della città, non ha visto aprirsi le porte dello stadio “Braglia” per inadempienze economiche che vanno avanti da diversi mesi. La squadra aveva disputato le precedenti gare casalinghe sul campo del Forlì, ma le norme non permettono di giocare in campo neutro per 3 gare di fila: per questo motivo l’unica soluzione per Modena e Mestre sarebbe stata giocare al “Braglia” che, però, è sigillato dal Comune e inaccessibile per ordine del consiglio comunale.

Alla luce di ciò il Modena perderà la prima partita a tavolino della sua storia centenaria. Stampa, tifosi e semplici appassionati hanno giustamente sottolineato l’assurdità della situazione: le controversie tra società sportiva e amministrazione comunali erano note da tempo e, come non bastasse, il Modena nella domanda d’iscrizione non ha inserito nessun altro impianto utilizzabile per le gare casalinghe. La domanda sorge spontanea: com’è possibile permettere l’iscrizione di un club chiaramente non in linea con le dovute garanzie economiche e logistiche?

Una domanda lecita che, una volta di più, pone l’accento sulle difficoltà della terza divisione italiana. Resta, tuttavia, un’altra provocazione di cui tener conto: perchè il mondo del calcio si è accorto solo poche ore fa della paradossale situazione che sta vivendo il Modena? Perchè istituzioni, giornali e tifosi – soprattutto i tifosi, che dovrebbero essere i guardiani della fede – non hanno denunciato per tempo la scellerata gestione societaria di Caliendo?

A dire il vero esiste una realtà che, da anni, ha manifestato la propria opposizione al modus operandi del presidente del Modena Calcio. Si tratta della Cooperativa Modena Sports Club, ovvero la prima forma di azionariato popolare nata in Italia. Dal 2011 al 2016 la Cooperativa ha posseduto l’1% delle quote societarie. Vivendo la propria fede “dall’interno” l’azionariato popolare non ha potuto far finta di non vedere la gestione socieraria operata da Caliendo: totale assenza di programmazione tecnica ed economica, incuranza nei rapporti con i tifosi, ritardi economici e approssimazione nei ruoli dirigenziali. La Cooperativa ha più volte alzato la voce per manifestare il proprio dissenso e chiedere a Caliendo di lasciare la società ai modenesi. È mancata, però, una reale presa di coscienza da parte dell’informazione, delle istituzioni e di gran parte dei tifosi, incapaci di guardare oltre i risultati in campo.

L’attivismo di chi crede in un calcio diverso è stato etichettato come utopia o, peggio, come un eccessivo allarmismo nei confronti della proprietà (“I tifosi devono pensare a fare i tifosi”, giusto?) dalle stesse persone che, oggi, gridano allo scandalo e si rammaricano per l’ennesimo schiaffo alla storia del club gialloblu.

La crisi che attanaglia il Modena Calcio non è solo l’ultimo – in ordine cronologico – fallimento di un club glorioso ma è, soprattutto, un campanello d’allarme per tutto il sistema-calcio, incapace di avvertire il pericolo solo quando, ormai, il danno risulta irreparabile.

No comments
Share:

Commenta