La carriera Russotto è stata un lungo percorso ad ostacoli, tra scelte sbagliate e fraintendimenti. San Benedetto è la piazza giusta?
Nel 2007 la rivista World Soccer pubblica una lista dei migliori 50 prospetti sotto i 20 anni. Tra i “50 Most Exciting Teenage Players” di WS ci sono diverse predizioni corrette (Aguero, Bale, Benzema, Di Maria, Kroos) e cantonate terribili (su tutte il primo posto di Sadick Adams, che negli anni successivi è passato per i margini del calcio professionistico, dall’Étoile du Sahel, all’Asante Kotoko).
In 38esima posizione – una sotto Ozil, sette sopra Rakitic, cinque sopra Sanchez – c’è Andrea Russotto, reduce da una bella stagione in Serie B col Treviso. Undici anni dopo, il confronto sembra ingeneroso; ai tempi era naturale, al punto che giravano video del genere.
Finley, “Diventerai una star”: un anatema che ha schiacciato tutti i giovani talenti dei primi del 2000
Russotto era una stella, un giocatore dal sicuro avvenire. Questo a dispetto della scelta – inspiegabile, per l’epoca – di lasciare il settore giovanile della Lazio per il Bellinzona, squadra della Serie B Svizzera. Una decisione brusca e irrituale, che il ragazzo spiegherà solo un anno dopo.
“Quando ero alla Lazio è venuto un dirigente a dirmi che se non mi fossi legato alla Gea non avrei mai potuto avere una carriera importante. Io ho rifiutato e me ne sono andato al Bellinzona”
Nei primi del 2000 la Gea World era la società di procuratori più potente in Italia, favorita da un intreccio familiare e clientelare che legava la società ai vertici sportivi e istituzionali del calcio nostrano (tra gli altri: il ct della Nazionale, il dg della Juventus, il numero uno di Capitalia e gli ex presidenti di Lazio e Parma). In quel periodo ci furono molte denunce, ma Russotto era tra i primi (e tra i più giovani) a parlarne così apertamente.
Dalla Svizzera in giù
Il 16enne decide quindi di abbandonare la propria squadra del cuore, e con lei buone chance di entrare nel “giro”. L’esilio volontario, comunque, dura poco: dopo una buona stagione in Svizzera (9 presenze in campionato, 3 in coppa, 2 gol) il centrocampista torna subito in Italia, anche se solo in prestito. Passa sei mesi alla Lodigiani (C2), e nell’estate del 2005 va al Treviso.
È un periodo molto concitato, per gli azzurri: l’inaspettata promozione in Serie A (dopo gli illeciti di Genoa e Torino) costringe il presidente Setten a improvvisare una squadra sgangherata, con tante promesse (Acquafresca, Dossena, Handanovic, Maggio), alcuni giocatori esperti (Pinga, i gemelli Filippini), e pochissima preparazione.
Russotto vive la stagione da spettatore, facendo il suo esordio in massima serie solo a fine campionato, quando è già arrivata la matematica della retrocessione. Il centrocampista romano gioca tutte le ultime quattro partite, che – per quanto inutili, alla classifica – gli danno un assaggio della massima serie.
La stagione successiva, come detto, è quella dell’esplosione. Nonostante le difficoltà della squadra il 18enne gioca un ottimo campionato, chiudendo la stagione con 32 presenze e 4 gol, tutti decisivi. Tra questi c’è anche la rete segnata a La Spezia, nella partita decisiva per la salvezza.
L’anno successivo il Treviso parte con grandi obiettivi, almeno inizialmente: in veneto arrivano Barreto, Calderoni e Pià, a cui si uniscono giovani come Gigou, Bonucci, e Russotto, chiamato a una stagione da protagonista. L’annata del Treviso – contraddistinta dagli incipienti problemi finanziari – si chiude con l’ennesima salvezza risicata.
La grande chance
Russotto gioca meno (e meno bene) del previsto, ma le sue qualità continuano ad essere apprezzate. In estate partecipa alle Olimpiadi di Pechino, senza giocare; a luglio arriva la chiamata del Napoli, che lo ingaggia in prestito con diritto di riscatto.
Nell’intervista di Antennatre si può vedere Russotto nel suo periodo più platinato. Giovane, spaccone, e senza paura di spararle grosse. Al suo fianco c’è Acquafresca, che ammette candidamente di essere meno forte e meno pagato
Il Napoli di quegli anni è una squadra operaia, ma con puntelli di assoluta qualità: la spina dorsale era formata da gente come Grava, Aronica, Gargano e German Denis, giocatori “da battaglia”, a cui si aggiungevano i piedi eleganti di Hamsik, Lavezzi e Bogliacino. Il nuovo arrivato fa parte del secondo gruppo, con l’etichetta di vice-Lavezzi.
Russotto fa il suo esordio col Napoli a settembre, contro il Bologna, guadagnandosi i complimenti di Reja (“Ha un talento straordinario, ci sarà utile”) e De Laurentiis (“Mi è piaciuto: in un aggettivo lo definirei ficcante”).
Lo spazio è poco, però, anche perché il Napoli è partito molto bene e deve mantenere la zona Champions. A metà stagione i partenopei sono quarti in classifica, e Russotto ha giocato un centinaio di minuti tra campionato e Coppa Uefa. Nella seconda parte della stagione Reja sembra potergli dare più continuità, ma a gennaio il Napoli entra in una profonda crisi di risultati, che fa scivolare la squadra all’undicesimo posto.
Reja viene esonerato, e il suo sostituto Donadoni – per evitare tracolli – decide di rischiare il meno possibile. Gli spazi sono ridotti al lumicino: Russotto gioca qualche scampolo di partita, ma non convince. A fine anno, dopo 17 presenze (tutte da subentrante), il Napoli decide di non riscattarlo.
Dalla Serie A alla Lega Pro
E qui torna di nuovo il Bellinzona, un cordone ombelicale che il giocatore non sembra riuscire più a staccarsi. Dopo sei mesi va in prestito al Crotone, che rinnova il prestito ma non lo acquista; nel 2011, dopo 7 anni di prestiti, passa a titolo definitivo al Livorno. Esordisce solo a novembre, complice un infortunio, e a gennaio finisce alla Carrarese (Prima divisione) con sei mesi di contratto. Gioca 11 partite, segna un gol, e a fine stagione resta svincolato.
In estate non trova squadra. Un ridimensionamento del genere non è semplice, specie per un ragazzo su cui si era detto tanto e tanto presto. La sua è una storia contraddistinta da scelte e momenti sbagliati: dal passaggio affrettato al Bellinzona ai tre anni nel Treviso pre-fallimento, dal peggior Napoli degli ultimi anni all’infortunio appena arrivato a Livorno.
“Credo di aver fatto un percorso un po’ inverso. Sono arrivato ad alti livelli troppo presto, e forse non ero ancora pronto. Sono stato fortunato a raggiungere certi obiettivi, ma anche sfortunato a non raggiungerne altri”
A ottobre Russotto trova posto a Catanzaro, che in quel momento stagnava nella zona bassa della classifica. In Calabria il giocatore viene responsabilizzato, e diventa presto un titolare inamovibile. Dopo un inizio complicato (a novembre la squadra è terz’ultima) i calabresi iniziano una grande rimonta, viaggiando alla media di 1.5 punti a partita. Russotto gioca sempre (esterno trequartista, seconda punta) e chiude la stagione con 6 gol (tutti decisivi).
La maturazione
A Catanzaro resterà tre anni, completando la sua maturazione. Lentamente, viene fuori il vero senso del calciatore Russotto. Un giocatore senza grandi specificità, ma con tante doti, utili per tanti momenti diversi della partita.
Negli anni di Treviso e Napoli il gioco di Russotto era molto definito: il suo ruolo era quello di trequartista o esterno offensivo, con il solo scopo di creare superiorità numerica e cercare l’ultimo passaggio verso le punte. Un compito che ne ha messo in mostra le ottime qualità tecniche, ma che ne ha rallentato la crescita.
Questa specificità ne ha esposto alcune mancanze, almeno ad alti livelli. Russotto si rivela un giocatore particolare: ha buon dinamismo, ma non è così veloce; ha un gran destro, ma lo cerca poco; ha un bel dribbling, ma non abbastanza buono se parte da fermo. Sull’esterno e sulla trequarti – in spazi congestionati, con poco tempo per pensare, e avversari molto fisici – va in difficoltà.
Al Catanzaro l’allora 24enne Russotto trova finalmente spazio, responsabilità, fiducia, e viene costretto a crescere in fretta. Nei tre anni in giallorosso viene impiegato un po’ ovunque – vertice alto nel rombo, seconda punta, esterno offensivo, mezzala – e lui risponde sempre presente, diventando un punto fermo della squadra.
In tre anni salta solo 12 partite, quasi tutte per squalifiche o infortuni. La fiducia si riflette anche sul campo, dove Russotto inizia a mostrare qualità che sembravano sopite: il fantasista leggero e un po’ fumoso diventa un centrocampista completo, e soprattutto decisivo.
Quando hai fiducia, tutto diventa più semplice
In giallorosso Russotto gioca 82 partite, mettendo a referto 15 gol e 18 assist. Alla fine del trienno sembra arrivare il ritorno in Serie B: la Salernitana compra il giocatore a luglio e lo fa anche esordire in Coppa Italia, salvo cederlo al Catania il 31 agosto.
L’esperienza catanese
In Sicilia il clima è infuocato: a giugno erano stati arrestati 7 dirigenti (compreso il presidente Pulvirenti) per quattro presunte combine, fatte allo scopo di garantire la salvezza della squadra in Serie B. A luglio Pulvirenti confessa tutto, e la Corte Federale conferma la retrocessione in Lega Pro con 9 punti di penalizzazione (poi 10). Il Catania fa una squadra di livello, per tentare la risalita, ma la stagione va male: gli etnei riescono a salvarsi solo all’ultima giornata, arrivando a pari punti col Monopoli.
Russotto non demerita, nonostante le difficoltà della squadra. A parte una squalifica per blasfemia (4 giornate!) il centrocampista è un titolare fisso, e chiude la stagione segnando il gol decisivo per la salvezza contro il Fidelis Andria. A fine stagione i gol sono 6, con 3 assist.
Pancaro e Moriero lo utilizzano soprattutto sull’esterno, a destra o sinistra, ma durante la partita Russotto svaria su tutto il fronte offensivo, per ricevere libero e tentare la giocata risolutiva. Il romano si affida sempre meno ai duelli individuali, appoggiandosi alle grandi qualità del suo piede destro (che arriva dovunque).
Quattro passaggi che mandano i compagni in porta, senza mai affrontare l’avversario
Quella catanese non è una piazza semplice, e i risultati non aiutano. La stagione successiva parte con un’altra penalizzazione, stavolta di 7 punti, e finisce ancora in modo mediocre. Durante l’anno si alternano tre allenatori: Rigoli (esonerato a febbraio), Petrone (dimissionario dopo 3 partite) e Pulvirenti (8 punti in 11 gare). Russotto gioca meno, e meno bene, ma a fine anno la società decide di dargli fiducia, prolungando il contratto fino al 2019.
Un addio amaro
Siamo arrivati alla scorsa estate, l’ultima in rosazzurro. La squadra parte con un calciomercato d’altro livello, fatto di grandi ritorni (Lodi, Biagianti) e nomi altisonanti. Per la panchina viene scelto Lucarelli, che imposta la squadra col 3-5-2. Russotto viene impiegato come seconda punta, con grande libertà di movimento.
Lucarelli gli dà molta fiducia, e lo utilizza ovunque: attaccante nel 3-5-2, ma anche trequartista nel rombo e esterno offensivo nel tridente. Russotto compie un ulteriore step in avanti, diventando più incisivo sotto porta, e mostrando movimenti da punta vera.
Taglio sul secondo palo, inserimento al centro, e sponda spalle alla porta: un rapido compendio del Russotto attaccante
A questo si aggiunge una crescente convinzione in fase realizzativa, che si traduce in alcuni gol strepitosi. Nonostante infortuni e beghe legali, Russotto gioca la sua migliore stagione catanese, nel migliore Catania degli ultimi anni, ma le critiche non mancano. La squadra di Lucarelli viene frustrata da una lunga e infruttuosa rincorsa al Lecce, che termina con un secondo posto molto amaro.
Russotto mette a referto 8 gol e 7 assist, ma a fine anno si parla già di una sua partenza. A luglio Lo Monaco – lo stesso che l’anno prima gli aveva rinnovato il contratto, abbracciandolo nella foto di rito – dice che il giocatore non fa più parte dei piani del Catania.
“Russotto è un equivoco che ci portiamo dietro da diverso tempo, da tre anni. È giusto che vada a trovare altri ambienti, dove avrà magari possibilità di esprimersi in maniera più compiuta”.
Alla base della rottura c’è il solito fraintendimento del giocatore Russotto. Un calciatore di qualità scambiato per un risolutore, che viene valutato solo per una parte del suo gioco. Un giocatore bravo in tante cose, valutato solo come uno specialista.
Come arriva alla Samb
Il classe ’88 arriva a San Benedetto nel pieno della maturità, con la speranza di trovare una piazza capace di esaltarne le qualità accettandone i difetti. La felicità di questo matrimonio passa per la piena comprensione del calciatore Russotto: un giocatore capace di colpi sporadici e bellissimi, che però non rappresentano il fulcro del suo gioco.
Il centrocampista romano sa costruire l’azione, sa rifinirla e sa concluderla, ma ci saranno partite in cui il suo impatto sarà minore, o meno evidente. Nel gioco di Magi – che punta al possesso del pallone, con la squadra alta e corta – Russotto potrebbe avere il compito di “sbloccare” il gioco negli ultimi 30-40 metri, venendo incontro o allargandosi, cercando palla sui piedi o attaccando il secondo palo.
Quella di San Benedetto sarà una sfida interessante, per tutte le parti in causa: per Russotto, per Magi, e per la stessa Sambenedettese, che – dopo anni di uomini copertina sbagliati – dovrà dimostrare di aver scelto l’uomo giusto.