La Samb perde perché gioca troppo palla a terra?

Paolo Montero

La sconfitta di Bolzano ha messo in discussione l’atteggiamento della Sambenedettese, che secondo alcuni prende troppi rischi in fase di uscita


Siamo a novembre, e il primo terzo del campionato è già passato: la Sambenedettese di Montero ha vissuto già due o tre vite, passando dall’essere una squadra bella e poco concreta a una delle migliori sorprese del campionato, poco prima di diventare una cenerentola osteggiata da fantomatiche manovre di palazzo. Nell’ultima partita in casa il gol giustamente annullato a Di Pasquale era stato il culmine delle polemiche arbitrali, ma il gol quasi istantaneo di Di Massimo aveva esorcizzato la paura, aprendo la strada alla vittoria e a una situazione un po’ più tranquilla.

Il 2 a 0 contro il Rimini sembrava aver ridato all’ambiente fiducia e consapevolezza, ma per rimettere tutto in discussione sono bastati i primi quindici minuti della partita di Bolzano, in cui i rossoblu si sono trovati sotto di due gol in modo abbastanza rocambolesco. Nelle ultime settimane la ricerca del colpevole era stata facile: la squadra di Montero ne aveva affrontate di ogni, trovandosi in mezzo a una ridda di episodi arbitrali, acuiti da assenze e squalifiche. Stavolta tutto questo mancava, e la stampa sambenedettese ha deciso bene di tornare al suo vecchio nemico: il possesso palla.

Gli episodi di Sudtirol-Samb

La partita di Bolzano si è giocata su un campo molto pesante, più di quanto si aspettasse Montero, che dopo la partita ha ammesso l’errore: «Pensavo che il campo tenesse un po’ di più, tornassi indietro chiederei ai ragazzi di giocare con la palla lunga». Invece la Samb ha iniziato la gara cercando di giocare palla a terra, e al primo errore in uscita i rossoblu sono stati puniti dalla rete di Casiraghi, che ha battuto Santurro in uscita.

Una manciata di secondi dopo una punizione battuta lunga dai padroni di casa ha trovato la testa di Tait, che ha fatto da sponda in mezzo per il tiro di Mazzocchi: il rimbalzo è stato attutito dal campo, e l’attaccante ha messo dentro con un grande mancino. Nei minuti successivi la Sambenedettese ha provato a reagire, ma al primo affondo in contropiede il Sudtirol è riuscito a guadagnare il rigore del 3 a 0, realizzato da Morosini.

In quel momento mancavano ancora 65 minuti, ma partita si è chiusa praticamente lì. Nella seconda parte del primo tempo e nella ripresa la squadra di Montero ha provato a riaprire la gara, ma paradossalmente le occasioni migliori sono capitate alla squadra di casa, che ha avuto buon gioco a difendersi ordinata e quando possibile ripartire.

Il campo era lo stesso per entrambe le squadre, e non è per quello che è arrivata la sconfitta. Però il campo è stato un fattore, anche per la scarsa malizia della Sambenedettese, che si è adattata alle circostanze della gara solo quando ormai era quasi impossibile riaprirla. Tutto è nato da un passaggio sbagliato, ma ridurre la sconfitta alla volontà di giocare palla a terra non è che l’ennesimo, stucchevole, tentativo di spiegare con motivi semplici qualcosa di complesso come può essere un momento della stagione, o anche la singola partita.

Costi e opportunità

In questa stagione si è fatto spesso riferimento ai troppi gol presi dalla Sambenedettese, e quasi sempre si è data la colpa alla ricerca del gioco palla a terra in fase di uscita. Spesso se n’è fatta una questione di costo/opportunità, quasi a insinuare che la scelta tattica dei rossoblu non fosse altro che un vezzo di Montero. Non è un reato giudicare in base alle impressioni, ma quando le impressioni vengono proposte come una verità inoppugnabili è opportuno dare più ordine possibile.

I “tanti” gol presi dalla Sambenedettese in fase di uscita sono in realtà due: quello della partita di ieri e quello del retropassaggio di Trillò contro il Padova, quando la partita era già sull’uno a zero per i patavini. A questi si possono aggiungere altre due reti, arrivate in occasioni dove i rossoblu, invece di spazzare, hanno cercato di giocare verso il compagno vicino: è successo a Miceli contro la Fermana e a Di Pasquale nella partita di Reggio Emilia.

Se la Sambenedettese accetta questi rischi è perché in questo modo ha l’opportunità di controllare il gioco, tenere le distanze e gestire i ritmi della partita. Paradossalmente, partire palla a terra da dietro è una scelta molto più difensiva, perché cercare lanci lunghi significa rischiare, affidandosi a duelli individuali statisticamente poco “redditizi”. Quando la prima soluzione è il lancio lungo si allunga anche la squadra, e con essa gli spazi da coprire; maggiori sono gli spazi e minore è la compattezza difensiva.

Non è un caso che la peggiore prestazione dei rossoblu sia arrivata nella partita contro la Vis Pesaro, dove i rossoblu hanno cercato spesso il lancio lungo, finendo per perdere il controllo della partita

Il rischio non è un vezzo, ma una scelta strategica: attirando la pressione si possono creare degli spazi alle spalle degli avversari, e una volta che la palla “esce” dalla difesa la squadra ha l’opportunità di creare pericoli. Per trovare esempi virtuosi non serve tornare molto indietro, basta pensare all’ultima partita contro il Rimini. Il primo gol parte da un giro palla difensivo della Samb, che attira la pressione di tre avversari e permette a Di Massimo di puntare a campo aperto Cigliano; stesso discorso per il secondo gol, partito da un grande rischio di Di Pasquale, che dopo aver rotto la pressione di due avversari ha aperto una prateria per Di Massimo e Frediani.

Di Pasquale è il centrale più coraggioso in fase di impostazione, come dimostrano queste azioni qui

L’idea non è quella di giocare sempre e soltanto con la palla a terra, né quella di giocare in orizzontale quando si apre lo spazio per andare in verticale; il possesso da dietro ha uno scopo prepedeutico, quello di creare le condizioni perché la verticalizzazione arrivi in una situazione vantaggiosa. Basti vedere il primo gol del campionato, a Fano, dove Bove si abbassa tra i due centrali per ricevere palla, ma una volta visto lo spazio lancia direttamente verso la linea offensiva.

La costruzione da dietro serve soltanto a quello: creare situazioni di gioco positive. Il possesso palla non deve essere mai fine a se stesso, anche quando è in funzione difensiva. Non a caso Montero ha ribadito più volte che se la squadra deve tenere palla lo deve fare nella metà campo avversaria, per avere l’occasione di creare pericoli e (soprattutto) costringere gli avversari a dover correre 50 o 60 metri per un’eventuale transizione offensiva.

Si può discutere sull’efficacia o no di una scelta (che finora è stata generalmente efficace), ma non sulle motivazioni della stessa. Per Montero il possesso palla e la costruzione da dietro rappresentano il modo più efficace per vincere le partite.

Il “bel gioco” e i risultatisti

La scorsa stagione stampa e tifosi si sono spesso lamentati dell’atteggiamento della squadra, ritenuta troppo difensiva; oggi si parla di “bel gioco”, ma la riserva di biasimo è più o meno la stessa. Con Roselli si lodavano il cinismo e la solidità della Sambenedettese, salvo lamentarsi quando i risultati non arrivavano; con Montero si applaude il coraggio della squadra, salvo criticarne la vanità ogni volta che va male una partita. A parlare sono sempre gli stessi, e viene quasi il dubbio che parlino solo a convenienza, in base a come girano le partite.

In molti ragionano come se ci fosse un modo giusto di giocare a calcio, ma questo modo non esiste; esistono invece le idee, influenzate dal materiale a disposizione, le strategie dell’avversario e il momento della partita. Ogni allenatore ha le sue idee e i suoi metodi, ma l’obiettivo è uno solo ed è sempre lo stesso, e non è mai una questione di stile. Montero ha detto più volte che preferisce in prima fila anziché in terza, e molti l’hanno applaudito; ora che si deve andare in guerra non si faccia finta di non aver sentito.

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