Come ci ricorderemo di Rapisarda

Francesco Rapisarda

L’ormai ex capitano rossoblu ha lasciato la Sambenedettese dopo tre anni e mezzo, accasandosi alla Triestina


Circa due anni fa, proprio in questi giorni, Rapisarda diventava capitano della Sambenedettese, accompagnato dall’approvazione entusiastica di società, stampa e tifoseria. Il terzino era arrivato un anno e mezzo prima, in uno strano scambio con Zappacosta, giocatore preso a gennaio e mai utilizzato dai rossoblu; invece Rapisarda era stato subito titolare, e già dalle prime settimane − dai primi applausi, dalle prima grida di approvazione − c’era l’impressione di una connessione speciale. La Sambenedettese macinava giocatori, allenatori e dirigenti, costruiva e abbatteva i suoi idoli, ma Rapisarda restava un punto fermo, al rifugio da ogni disapprovazione.

I primi mesi erano stati buoni, non eccezionali, ma alla prima stagione completa – sotto la guida di Capuano – Rapisarda era diventato un giocatore totale, capace di essere non solo utile, ma decisivo. Improvvisamente, ha iniziato ad arrivare sempre più spesso in area, a mettere molti più palloni in mezzo, a farsi trovare nel posto giusto. Nel giro di sei mesi, da gennaio a giugno 2018, aveva segnato quattro gol, tutti decisivi. In quel momento della stagione i tifosi della Samb avevano una sola parola per descriverlo: fenomeno.

Rapisarda è sempre stato un giocatore più di quantità che di qualità, uno che dove non arrivava col piede ci arrivava con le gambe. Con il passare degli anni ha affinato le sue qualità tecniche, ma la sua forza stava nella capacità di non fermarsi mai, a prescindere dal risultato e dalla situazione. I numeri non bastano a spiegare: c’erano momenti in cui Rapisarda sembrava quasi poter cambiare l’inerzia della gara, magari con un allungo in avanti, una pressione sull’avversario, una palla recuperata sulla linea. Le sue corse erano elettrizzanti, riuscivano a dare una scossa a tutto lo stadio, e quando si accendeva lo stadio potevi star certo che sarebbe rimasto acceso anche lui.

Negli ultimi due anni, insieme alla fascia, si è preso carico di una responsabilità importante, coincisa con due stagioni molto complesse. Dal’incubo dell’ultimo posto alla frustrazione della metà classifica, fino ai saliscendi dell’ultima stagione, sempre in bilico tra esaltazione e sofferenza. Rapisarda si è dimostrato un leader spesso silenzioso ma concreto, sempre pronto a mettere la faccia nei momenti peggiori.

Negli ultimi due anni le difficoltà della squadra hanno coinvolto anche Rapisarda, diventato suo malgrado il simbolo di una squadra che si credeva forte e si è rivelata imperfetta. Il capitano rossoblu si è trovato a fare i conti con grandi aspettative, non sempre soddisfatte, che hanno finito per inquinare un rendimento sopra la sufficienza. Dopo i 4 gol e 3 assist dell’annata Magi-Roselli (la sua migliore stagione offensiva, nonostante le difficoltà della squadra), Rapisarda ha vissuto una stagione altalenante, in linea con quella della squadra nel suo complesso. Questa doveva essere la stagione del riscatto, ma si è chiusa prima del previsto.

Per molti versi, è stato un fulmine a ciel sereno. All’inizio del ritiro Rapisarda sembrava essere pienamente dentro al progetto: nei primi allenamenti indossava la polo numero 1, e nella prima intervista dell’anno aveva parlato da capitano, tracciando un profilo della stagione in arrivo e dichiarandosi carico per la ripartenza. Negli ultimi giorni erano uscite le solite voci di cessione, come ogni anno, ma le parole di Serafino («Sappiamo delle offerte, ma per noi è un giocatore importante») sembravano aver chiuso la porta.

La separazione si è consumata in poche ore, prima con l’abbandono del ritiro e poi con l’ufficialità della cessione. Una partenza silenziosa, così com’era stato il suo arrivo, quasi a sminuire il tanto che c’è stato in mezzo. Ora che è avvenuta, paradossalmente, la cessione sembra qualcosa di inevitabile: la società non ha insistito per trattenerlo, e Rapisarda ha deciso di continuare altrove, accettando le lusinghe di una squadra che vuole puntare forte su di lui. Una scelta da professionista, dopo la scelta di cuore di due anni fa.

Dopo tre anni e mezzo sarà strano vederlo con un’altra maglia, sia per noi che per lui. Ma alla fine di tutto, anche se cambierà casacca, sotto resterà sempre un po’ di rosso e blu.

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