Serie C Horror Story: prima parte

Serie C Horror Story

Fallimenti, crisi societarie, debiti e penalizzazioni: tutto il peggio della Serie C 2017/18


Il 5 ottobre 2011 l’emittente televisiva statunitense FX inaugurò una serie tv destinata ad un’incredibile successo: American Horror Story. I suoi ideatori, Ryan Murphy e Brad Falchuk, sono riusciti nell’impresa di riscrivere il genere horror e il loro prodotto oggi può vantare ben 16 Emmy Awards e 2 Golden Globe. Lo scheletro della serie tv è molto semplice, ogni stagione narra una storia diversa con differenti attori. Il filo conduttore è uno solo: l’intenzione di suscitare nello spettatore emozioni di orrore, paura o disgusto.

Ciò che i due sceneggiatori e registi americani non potevano immaginare è che la loro idea sarebbe stata copiata dalla Serie C italiana. Il “calcio minore” del nostro Paese vive da tempo una grave crisi strutturale che, in mancanza di interventi da parte della politica, ha finito per diventare essa stessa sistema: nessun tifoso si allarma più per un fallimento societario o per una mancata iscrizione; penalizzazioni e debiti sono visti come un’amara realtà e qualsiasi condotta “normale” – come il pagamento puntuale degli stipendi o il rispetto delle norme burocratiche – viene accolta come una sorta di miracolo o un atto visionario. Non c’è da sorprendersi, dunque, se la Serie C in questa stagione sia riuscita a dare il meglio di sé sfoggiando le forme di crisi più disparate, di cui daremo un riepilogo in un’analisi divisa in 3 puntate.

Akragas

L’horror story che ha visto protagonista la società calcistica di Agrigento può essere definita come un lunghissimo calvario che si è concluso con la retrocessione (e il fallimento?) pilotata. Fino a pochi anni fa, l’Akragas era considerata una delle società in rampa di lancio nel panorama siciliano. Merito delle grandissime ambizioni sbandierate dal patron Marcello Giavarini – imprenditore nato a Licata ma impegnato in Bulgaria – accompagnato dal suo braccio destro, il procuratore Peppino Tirri e dal presidente Silvio Alessi. Dopo la promozione dalla D alla Lega Pro, il trio al comando decide di respingere le avances di una cordata di imprenditori romani interessati ad entrare in società, annunciando di andare avanti per la propria strada e di puntare alla “Serie B in tre anni” (tenete bene a mente questa dichiarazione, perché è la frase più utilizzata da potenziali banditi del calcio).

Akragas

Dopo due combattute salvezze nel girone C, però, nel 2017 hanno inizio i primi problemi economici: la cordata romana torna alla carica per acquistare il club ma si allontana per mancanza di chiarezza riguardo il monte debitorio; l’imprenditore svizzero Roberto Nava sembra ad un passo dall’accordo ma – al momento di presentare le garanzie – sparisce. La società resta dunque in mano al solo Silvio Alessi, che annuncia candidamente l’intenzione di smantellare la squadra per abbattere le spese. L’Akragas subisce 5 punti di penalizzazione per il mancato pagamento degli stipendi e, dal 25 gennaio 2018, è anche senza presidente perchè Alessi lascia la patata bollente al sindaco Firetto. Senza una squadra (gran parte della rosa è formata da ragazzi della Berretti), senza una società e senza acquirenti l’Akragas si avvia lentamente e dolorosamente verso la retrocessione concludendo il campionato a quota 0 punti.

Il peggio deve ancora venire: per salvare il titolo sportivo (e sperare nel ripescaggio) occorre l’intervento di una nuova cordata che possa rimettere i conti a posto. Da mesi si parla dell’interesse di una multinazionale iraniana sulla quale però persiste più di un dubbio. Il 14 giugno, con una lettera pubblica, il club ha annunciato: “Il Dr. Karimouee (rappresentante della società), ci ha messo a conoscenza dell’attuale situazione politico-economica che da qualche settimana sta colpendo l’Iran. Una crisi internazionale, che in qualche modo sta incidendo sui tempi che porteranno all’ acquisizione delle quote societarie dell’Akragas […] nonostante l’inaspettato ritardo il suo interesse è sempre vivo”. Il tempo passa, però, e il rischio del fallimento si fa sempre più concreto.

Arezzo

Ad inizio 2018 la situazione societaria dell’Arezzo Calcio era simile a tanti altri esempi di gestioni poco virtuose: ingenti debiti accumulati negli anni, scadenze non rispettate e una squadra chiamata a raggiungere la salvezza pur non ricevendo da mesi lo stipendio. Uno dei protagonisti della triste vicenza è Marco Matteoni, imprenditore edile romano nonché editore del Giornale D’Italia, quotidiano diretto da Francesco Storace. Matteoni ha ricevuto la società dall’ex presidente Mauro Ferretti con il compito di intervenire immediatamente per coprire i debiti societari. Il patron romano aveva assicurato di avere la capacità di rispettare le scadenze sempre più stringenti, salvo poi aprire alla possibilità di affidarsi ad un fondo d’investimenti inglese che avrebbe garantito almeno i 300 mila euro per pagare gli stipendi arretrati. Naturalmente, ogni promessa si è rivelata vana.

In data 15 marzo 2018 l’Arezzo subisce il terzo fallimento negli ultimi 25 anni a causa di debiti pregressi che ammontano circa a 2 milioni di euro. La società è affidata ad un curatore fallimentare, la squadra è gravata di ben 15 punti di penalizzazione ma non rinuncia ad impegnarsi al massimo per salvare la categoria. Con una straordinaria cavalcata, gli amaranto riescono a strappare l’incredibile salvezza trascinati da mister Pavanel e dal talento di Moscardelli.

Arezzo calcio

Al termine della stagione i curatori fallimentari hanno affidato la neonata società toscana agli imprenditori Giorgio La Cava e Massimo Anselmi, affiancati dal supporter trust Orgoglio Amaranto. Nonostante un inizio non facile, contraddistinto da alcune polemiche dei tifosi – che chiedevano più rispetto e maggiore considerazione nei processi decisionali – il nuovo Arezzo sembra esser partito con il piede giusto e ha voglia di scrollarsi al più presto di dosso le scorie dell’ultima stagione. La società amaranto si affida all’uomo mercato ex Ancona Ermanno Pieroni, affiancato dal diesse Testini, per garantire al neo mister Dal Canto una squadra all’altezza delle aspirazioni di dirigenti e tifosi.

Lucchese

Si è conclusa nel migliore dei modi una crisi che ha rischiato di mettere in ginocchio il calcio nella città di Lucca. Dopo 42 giorni di trattative, ripensamenti e colpi di scena Arnaldo Moriconi ha ceduto l’80% delle quote alla Aigornetto LTD, compagnia di proprietà di Lorenzo Grassini. L’ex presidente Moriconi cede gratuitamente la società e, in cambio, il neo patron Grassini si fa carico dei debiti pregressi della società rossonera. La nuova proprietà si impegna dunque a pagare debiti pari a 1,2 milioni di euro e sostituirà la fideiussione presso la Lega in modo da iscrivere al più presto la società al prossimo campionato di Serie C.

Il neo patron si è presentato alla piazza Toscana così: “È durata anche troppo da una parte, sono sfinito, ma l’accordo è anche una boccata di ossigeno per ripartire e iniziare a lavorare. È finita la telenovela, ora inizia il lavoro; non nego che è stato tutto molto stressante: tre mesi davvero duri. Le voci diffuse su di me in questi mesi? Non ho mai voluto commentare quanto è stato detto e diffuso, ma si è sfiorato più volte il ridicolo. Ai tifosi devo solo dire grazie e comunque fosse andata, anche fosse saltata l’operazione, avrei dovuto solo ringraziarli. Mi hanno dato anche loro la forza per andare avanti e ripartire”.

Curiosità: il nuovo uomo-mercato della Lucchese è… Lucchesi. L’ex dirigente di Pescara, Pisa e Latina ha deciso di affidarsi a Leonardo Menichini, reduce da un’esperienza negativa alla Reggiana e voglioso di riscatto.

Viterbese

Quella della Viterbese, in confronto con gli esempi qui citati e con quelli che saranno esposti nelle prossime puntate, non può essere considerata una vera e propria crisi. La società laziale, saldamente in mano al vulcanico patron Camilli, è economicamente sana e nemmeno lo spropositato numero di allenatori e direttori sportivi a libro paga può minacciare la stabilità del club. Tuttavia i tifosi della Viterbese sono costretti a convivere ogni estate con la paura di non iscriversi al prossimo campionato. Il motivo? Le continue minacce di abbandono da parte di Camilli.

Camilli Viterbese

Ogni estate, a cavallo tra la fine di una stagione e l’inizio del calciomercato, il proprietario annuncia in pompa magna l’imminente disimpegno dal club per le cause più svariate: dissapori con la piazza, incomprensioni con l’amministrazione comunale, delusione per i cattivi risultati. Ogni “scusa” è buona per minacciare l’addio e la mancata iscrizione al campionato. L’allarme scatenato da Camilli puntualmente rientra nel giro di poche settimane e la voglia di lasciare il mondo del calcio lascia spazio alla fame da mangia-allenatori.

Matera

Alla scadenza del termine del 16 febbraio scorso alcuni di noi si sono visti corrispondere gli interi emolumenti fissi relativi alle mensilità di novembre e dicembre, altri invece solo quelli relativi al mese di novembre, altri ancora, immotivatamente, nulla hanno percepito. A tale situazione si aggiunga che la Società non ha corrisposto, a chi ne aveva maturato il diritto, la parte variabile di retribuzione.

Analogamente, non vi è alcuna certezza in ordine al pagamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps sia relativi alle mensilità di settembre e ottobre e oggetto del deferimento della Procura Federale, sia relativi alle mensilità di novembre e dicembre“. In data 21 febbraio 2018, come un fulmine a ciel sereno, i giocatori del Matera hanno reso noto le difficoltà societarie nel mantenere gli impegni economici stabiliti.

Ancora più sorprendente è stato la reazione della società, che non ha fatto nulla per ricucire lo strappo con i giocatori ed è andata incontro ad una penalizzazione di 10 punti che reso vano il buon cammino della squadra nel girone C. Dopo anni di gestione virtuosa del club, il club di proprietà di Columella è incappato in una stagione negativa e a fine anno alcuni dei pezzi pregiati – da mister Auteri ai giocatori Strambelli e Urso – hanno lasciato in fretta e furia la Basilicata.

Giunto al quinto anno di professionismo, il Matera ha aperto ufficialmente all’ingresso di nuovi soci, cercando di sfruttare l’onda lunga della candidatura della “città dei Sassi” a capitale della cultura 2019. Il patron Columella ha garantito l’iscrizione al prossimo campionato, ma il futuro dei bianco-azzurri dipenderà dall’eventuale rafforzamento della compagine societaria.

Modena

Quella del Modena è la vicenda più nota dell’ultima, travagliata stagione di Serie C. Tra tifosi e addetti ai lavori, a mesi di distanza, circola con insistenza un unico grande dubbio: come ha potuto, una società gravata da debiti tanto pesanti, iscriversi regolarmente al campionato? Che le finanze del club capitanato da Antonio Caliendo fossero tutt’altro che floride era ben noto da tempo e la retrocessione dei canarini dalla B alla Lega Pro aveva peggiorato ancora di più la situazione.

La crisi societaria del Modena si distingue dagli altri esempi qui citati per il ruolo fondamentale di cui si è fatto carico il Comune emiliano. L’amministrazione cittadina, infatti, non si è limitata ad un’attesa passiva – comune a tutte le altre crisi societarie – ma si è mossa in prima persona per non permettere alla società di Caliendo di concludere il campionato aumentando in modo spropositato la massa debitoria. Il Comune ha chiuso lo stadio “Braglia” di fronte alle inadempienze del club, non permettendo al Modena di disputare in casa le partite casalinghe. Dopo la terza sconfitta a tavolino, la società gialloblu è incappata nella radiazione.

Modena calcio

Nel corso della stagione ci sono stati vari tentativi di salvataggio: dapprima Caliendo ha rifiutato ogni trattativa con la corda di imprenditori locali raccolti attorno al progetto della Cooperativa Modena Sport Club, la prima forma di azionariato popolare fondata in Italia. In seconda battuta, l’ex procuratore ha deciso di cedere il club ad Aldo Taddeo, ex presidente del Varese, nonché grande amante del genere horror nel calcio. La messa in mora da parte dei giocatori è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, rendendo impossibile ogni tentativo di salvare il salvabile. Il calcio nella città emiliana è ripartito in grande stile, ma la ferita della scellerata gestione Caliendo resta profonda.

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