Giorgio Roselli si presenta: “Voglio trasformare la delusione in applausi”

Giorgio Roselli

La conferenza stampa di presentazione di Giorgio Roselli, nuovo tecnico della Sambenedettese calcio


La sala stampa del Riviera delle Palme è al completo: tifosi e addetti ai lavori sono uniti dalla curiosità di scoprire il nuovo tecnico della Sambenedettese Giorgio Roselli. Gli onori di casa spettano al direttore sportivo Francesco Lamazza con una breve presentazione prima di lasciare la parola al tecnico.

Francesco Lamazza

Non ho mai avuto la fortuna di lavorare con Giorgio Roselli: a Lecco le nostre strade hanno rischiato di incrociarsi ma poi il mister ha fatto una scelta diversa. Lo conosco da tempo, ci siamo sentiti spesso telefonicamente e imparerete ad apprezzare le sue doti umane. Ha sempre la battuta pronta e sa sdrammatizzare: con le due doti umane e tecniche ha dimostrato di saper fare benissimo entrando in corsa.

L’affaire Stanco – A fine conferenza il direttore sportivo ha dovuto rispondere alle prevedibili domande su Francesco Stanco, che sabato scorso ha regolarmente svolto la rifinitura prima di essere escluso dai convocati. Giuseppe Magi – nel postpartita contro la Giana Erminio – ha dichiarato che la scelta non è stata sua. Il diesse è costretto a chiarire: “Come ha dichiarato oggi il Presidente, Stanco torna a disposizione del tecnico che deciderà se impiegarlo o meno. Conoscete tutti i problemi (alla richiesta di chiarimento, il direttore sportivo ha chiarito che si tratta di una questione tra il giocatore e la proprietà, ndr) e la società è al lavoro per risolverli. Il ragazzo non sta attraversando un momento facile e ha bisogno dell’aiuto di tutti:  i fischi non lo hanno aiutato.

Giorgio Roselli

Dopo 43 anni consecutivi di lavoro – da calciatore e allenatore – l’anno scorso sono rimasto a casa. Sono stato chiamato dalla società e dai due direttori senza che ci conoscessimo di persona: è la cosa più bella perché negli ultimi tempi il calcio si muove più per amicizia o simpatia che per scelta tecnica e merito. Credo che sia uno dei motivi per cui il nostro calcio si trova in difficoltà. Per me è un onore essere stato scelto tra 180 allenatori validi che sono senza panchina.

Nella mia carriera di allenatore mi sono trovato sempre benissimo con giocatori che non conoscevo perché è più facili plasmarli e trasmettere loro la mia idea,  con quelli che conosci è più difficile. Della rosa che ho a disposizione ho allenato solo Calderini, ma conosco molto bene i giocatori più esperti.

La pressione della piazza

Da giocatore sono stato accolto a Taranto – venendo dal Bari –  con le pietre; dopo un anno (e 10 gol realizzati) quando il mister mi toglieva dal campo i tifosi ritiravano gli striscioni per protesta. La fortuna va conquistata con l’impegno e la bravura. Il calcio è questo: a Cosenza, quando sono arrivato, c’era una situazione bollente. Da allenatore e giocatore ho fatto sempre questo tipo di scelte: non voglio lavorare in uno stadio dove ci sono poche persone in silenzio. Il mio lavoro è trasformare la delusione di oggi in applausi dei tifosi: questo succede quando vinci, ma anche quando dai tutto. Tutti sbagliamo, ma il tifoso si arrabbia quando vede che la squadra non ha un’anima.

Una nuova sfida

Dopo 43 anni di professionismo non avevo la necessità economica di lavorare. Però stavo male a casa, mia moglie non mi sopportava più…volevo tornare in panchina. Questa passione per il calcio non svanirà mai: nell’ultimo anno di inattività giocavo continuamente con i miei amici, da quando ho 4 anni il calcio fa parte della mia vita. La società non mi ha dato nessun obiettivo, ma una cosa è certa: la Samb, finché non sarà in Serie B avrà l’obiettivo di fare benissimo in C. Come ho fatto in tutte le mie esperienza, voglio lasciare qualcosa di me per la crescita della società.

I cambiamenti

So benissimo che il tempo è poco, ma a me ora interessano 3-4 concetti che devo mettere nella testa dei giocatori al più presto. Il calcio è fatto di equilibrio. Il tempo è breve ma quello che conta è l’atteggiamento dei ragazzi. Il mio problema è che la squadra assuma presto il mio concetto di calcio. Qualche anno fa sono andato a Pavia, la squadra veniva da 2 pareggi e 14 sconfitte. A fine campionato ci siamo salvati: il calcio è cosi, a volte riesci a dare la svolta sperata, altre volte ricevi una squadra in forma e va male.

Problema mentale o tattico?

Quando le cose non iniziano benissimo, è scontato vedere dei ragazzi demoralizzati. Molti di loro sono giovani, per cui dovrò essere bravo a lavorare con loro. Non esistono moduli obbligatori, lo vedrete da voi: non sono un allenatore integralista. Di solito cerco di mettere i giocatori di qualità nelle migliori condizioni possibili: parto da questo concetto per elaborare il mio sistema di gioco. Difficilmente ho visto ex calciatori di livello essere allenatori integralisti (che non è una parolaccia, sia chiaro). Per me lavorare sull’organizzazione tattica migliorerà la sicurezza e tranquillità dei giocatori.

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