Fallimenti, crisi societarie, debiti e penalizzazioni: tutto il peggio della Serie C 2017/18
Il 5 ottobre 2011 l’emittente televisiva statunitense FX inaugurò una serie tv destinata ad un’incredibile successo: American Horror Story. I suoi ideatori, Ryan Murphy e Brad Falchuk, sono riusciti nell’impresa di riscrivere il genere horror e il loro prodotto oggi può vantare ben 16 Emmy Awards e 2 Golden Globe. Lo scheletro della serie tv è molto semplice, ogni stagione narra una storia diversa con differenti attori. Il filo conduttore è uno solo: l’intenzione di suscitare nello spettatore emozioni di orrore, paura o disgusto.
Ciò che i due sceneggiatori e registi americani non potevano immaginare è che la loro idea sarebbe stata copiata dalla Serie C italiana. Il “calcio minore” del nostro Paese vive da tempo una grave crisi strutturale che, in mancanza di interventi da parte della politica, ha finito per diventare essa stessa sistema: nessun tifoso si allarma più per un fallimento societario o per una mancata iscrizione; penalizzazioni e debiti sono visti come un’amara realtà e qualsiasi condotta “normale” – come il pagamento puntuale degli stipendi o il rispetto delle norme burocratiche – viene accolta come una sorta di miracolo o un atto visionario. Non c’è da sorprendersi, dunque, se la Serie C in questa stagione sia riuscita a dare il meglio di sé sfoggiando le forme di crisi più disparate, di cui daremo un riepilogo in un’analisi divisa in 3 puntate.
Vicenza
La prima parte della storia che vede come protagonista il Vicenza è simile a quelle di tante altre nobili decadute che faticano a tornare nelle categorie che meritano. Nella stagione 2016/17 i biancorossi subiscono una bruciante retrocessione dalla B alla Lega Pro, nonostante una rosa di valore e un budget tutt’altro che modesto. La proprietà del club appartiene alla Vi.Fin Spa, una cordata di cui fanno parte vari imprenditori del territorio. Le difficoltà societarie. che si erano palesate già in B, esplodono con la retrocessione sportiva: scendere di categoria rappresenta un dramma dal punto di vista delle entrate economiche e Vi.Fin non gode né dei favori della piazza né della forza necessaria per tornare in cadetteria.
L’estate 2017 è vissuta con frenesia e agitazione dai tifosi del Vicenza. La società biancorossa porta avanti una trattativa estenuante con Boreas Capital, h0lding lussemburghese che arriva perfino a minacciare di agire per vie legali contro Vi.Fin a causa del comportamento scorretto della proprietà vicentina. L’assurdo tira-mola tra venditore e acquirente coinvolge anche la squadra: a causa dei pessimi risultati conseguiti nel mese di ottobre, l’allenatore Alberto Colombo era ad un passo dall’esonero ma l’arrivo del suo sostituto, Franco Lerda, è stato “congelato” per giorni a causa dell’avanzare delle trattative di cessione della maggioranza. Risultato? Niente closing e una crisi in campo che si protrae fino allo spareggio salvezza.
In questa stagione il Vicenza Calcio non si fa mancare nulla: dopo la rottura con Boreas Capital, in data 18 dicembre il club è ceduto a Fabio San Filippo. L’imprenditore si presenta a Vicenza carico di promesse e ambizioni, ma come primo atto non rispetta le scadenze del pagamento degli stipendi, provocando una prima penalizzazione ai danni della squadra. Non avendo rispettato nemmeno la seconda scadenza, prevista per il 10 gennaio, giocatori e staff tecnico decidono – in accordo con l’Aic – di proclamare lo stato di agitazione minacciando lo sciopero.
Il 18 gennaio, con l’uscita di scena (senza aver tirato fuori un solo euro) di San Filippo, arriva l’ufficialità del fallimento del club biancorosso. Il Tribunale di Vicenza apre all’esercizio provvisorio fino al termine della stagione e affida la patata bollente a Nerio De Bortoli, che si era già occupato del fallimento del Venezia nel 2005. Il Vicenza si affida alla passione dei tifosi e all’aiuto economico della città per poter trascinare il cadavere fino alla fine del campionato, che si concluderà con una insperata salvezza ai playout contro il Santarcangelo. Le prime aste per l’acquisizione del club si concludono con un nulla di fatto: nessuna offerta pervenuta, nessun imprenditore disposto a farsi carico dei pesantissimi debiti societari. La svolta per il Vicenza Calcio arriva a pochi chilometri di distanza, dal piccolo Comune di Bassano.
Bassano
Prima del 12 maggio, la famiglia Rosso aveva sempre smentito l’intenzione di acquistare il Vicenza Calcio: troppo forte il legame con il Bassano Virtus, squadra condotta dalla Promozione alla Serie C e trasformata in un modello virtuoso per il calcio italiano. Ad allontanare ogni ipotesi di fusione, inoltre, ci aveva pensato il regolamento della Figc, che non prevede la possibilità di unione di due club che hanno la sede sociale in comuni non confinanti.
Con una mossa a sorpresa, però, Renzo Rosso è riuscito a mettere le mani sul Vicenza pagando la “modesta” somma di 1 milione e 100 mila euro, briciole rispetto ai debiti del club biancorosso – stimati tra gli 11 e i 20 milioni. L’accordo tra Mister Diesel e il Tribunale di Vicenza, infatti, prevede l’acquisto dell’intero pacchetto della società escluso il titolo sportivo. Il motivo? Rosso utilizzerà quello del Bassano. Questa scelta ha portato a diverse conseguenze nelle due realtà: da una parte ha comportato il licenziamento immediato di tutti i tesserati del Vicenza Calcio (alcuni di loro faranno parte del nuovo progetto, altri sono liberi di cercarsi una nuova sistemazione); dall’altro ha portato alla sparizione del Bassano dal professionismo.
Il politicamente corretto delle istituzioni e della famiglia Rosso ha provato ad indirizzare la scelta sui binari della collaborazione di Vicenza e Bassano per istituire una realtà provinciale più importante. La realtà, però, appare ben diversa: i tesserati del Bassano si trasferiranno a Vicenza e la nuova squadra avrà nome, colori sociali e stadio dei biancorossi. Il Bassano, nel giro di un mese, è passato dai playoff promozione alla scomparsa dal calcio italiano. Il calcio nella città della grappa ripartirà dal Bassano Football Club 1903, la neonata società che dovrebbe giocare in Prima Categoria. Il nuovo Vicenza, invece, si prepara ad una stagione da protagonista con lo scheletro giallorosso e un nuovo cuore biancorosso.
Santarcangelo
La stagione 2017/2018 ha vissuto uno degli ingressi societari più bizzarri di sempre. Nel dicembre 2017 il Santarcangelo Calcio è stato acquistato da Ivan Mestrovic, imprenditore croato già proprietario di un club in patria, l’Osijek. Mestrovic si è presentato in Romagna con la consueta moltitudine di promesse e grandi ambizioni, portando con sé l’amministratore delegato Vlado Borozan e il nuovo allenatore Alberto Cavasin. A destabilizzare l’ambiente gialloblu non è stato tanto l’avvento di una proprietà straniera poco conosciuta, quanto le dichiarazioni del neo presidente, che oscillavano tra la promessa di lottare per la B e il desiderio di puntare all’acquisto del Rimini Calcio per investire maggiormente sul territorio romagnolo.
Tra alti e bassi, annunci roboanti e acquisti provenienti dal campionato croato, il Santarcangelo ha dato battaglia nei bassifondi del Girone B riuscendo ad abbandonare l’ultimo posto e a raggiungere perfino la salvezza diretta. In data 11 maggio, però, arriva la doccia fredda:a campionato concluso il Santarcangelo riceve 2 punti di penalizzazione e scivola in penultima posizione, essendo costretto a giocare i playout contro il Vicenza al posto del Teramo. La vicenda risale ai mesi di gennaio e febbraio: il Santarcangelo è colpevole di non aver pagato in tempo le ritenute IRPEF e subisce una prima penalizzazione, tuttavia riesce a vincere il ricorso ad opera dell’avvocato Chiacchio. “Il Santarcangelo è una società, traquilla, serena, e più forte che mai. Abbiamo commesso un errore di natura amministrativa. Il nostro consulente del lavoro ha applicato e rispettato la legge dello Stato e non quella sportiva, in vigore da quest’anno. La società è in assoluta buona fede, fin’ora abbiamo pagato tutto e siamo al mille per cento in regola. Al momento del riscontro dell’errore abbiamo provveduto immediatamente a saldare la quota, circa dodicimila euro”.
La Procura Federale, però, ha impugnato la sentenza del Tribunale Federale e la Corte d’Appello dà infine torto al club romagnolo: torna la penalizzazione di 2 punti e la squalifica ai danni dell’ad Borozan. La reazione della società è furente e il capitano gialloblu Dalla Bona pubblica una lettera dove spara a zero contro l’attuale crisi della Serie C italiana. Oltre il danno, per il Santarcangelo si materializza la beffa della sconfitta ai playout contro il Vicenza, che comporta la retrocessione in Serie D. Arrivato in Romagna promettendo la B, Mestrovic ha visto la sua squadra scendere di categoria a causa di un errore del suo braccio destro Vlado Borozan.
Vibonese e Troina
Riammessa in Serie C, anzi no, o forse sì, alla fine no. La stagione 2017/18 della Vibonese ha assunto contorni tragicomici fin dalla scorsa estate. Il 22 luglio 2017, infatti, la Lega di Serie C aveva ufficializzato l’esclusione di ben 5 società per inadempienze economiche: Latina, Messina, Como, Maceratese e Mantova. Di fronte a questa situazione di crisi, tre delle società retrocesse in D avevano chiesto la riammissione d’ufficio in terza divisione: si tratta di Lumezzane, Forlì e Vibonese. La motivazione era molto semplice: le squadre non ammesse avevano già manifestato problemi di natura economica nel corso della stagione, ma si erano salvate a scapito di società virtuose.
Delle tre società, quella più combattiva si è dimostrata la Vibonese. Il patron Pippo Caffo ha sempre denunciato l’assurdità del Messina, che ha disputato l’intero campionato senza aver depositato la fideiussione obbligatoria per poter giocare in Serie C. Dopo una lunga battaglia legale, il 24 agosto la Corte D’Appello dà ragione alla Vibonese e riammette il club in Serie C. Finita qui? Può sembrare incredibile, ma no: il 7 settembre il Collegio di Garanzia ha accolto il ricorso di Figc e Lega Pro annullando di fatto la riammissione della Vibonese. La società di Vibo Valentia, dopo aver saputo solo a settembre di dover dire addio alla C, non si dà per vinta e porta avanti una doppia battaglia: in campo, conquista la promozione al termine di una strepitosa cavalcata nel girone I, in tribunale presenta un ricorso alla Corte Federale D’Appello.
L’ultimo, clamoroso colpo di scena dà ragione a Pippo Caffo e al suo club: il 29 maggio 2018 la Corte Federale D’Appello annuncia il ricorso “accolto, annullando la decisione impugnata, e, per l’effetto, è stato disposto il posizionamento della società ACR Messina all’ultimo posto in classifica del campionato di Lega Pro, girone C, nella stagione sportiva 2016/2017″. La sentenza, naturalmente, non può andare a modificare lo stato delle cose – la Vibonese ha ormai disputato e vinto il campionato di D – ma provoca un mini terremoto nei palazzi del calcio. Pippo Caffo ha espresso tutta la soddisfazione in una breve nota: “Abbiamo perso un anno che per noi poteva essere importante e nuovamente la Caf ha stabilito la fondatezza del nostro ricorso. Precisi segnali in tal senso erano arrivati anche dal Tar del Lazio. Abbiamo passato mesi a registrare silenzi, dinieghi, rifiuti e ricorsi che non avevano motivo di esistere. Sono contentissimo. L’avevo detto che saremmo andati avanti fino in fondo e così è stato. Giustizia è fatta. E adesso? Faremo quel che c’è da fare nelle sedi competenti”.
Furiosa, inoltre, la reazione del Troina, squadra che ha militato nel girone I e si è piazzato al secondo posto alle spalle della Vibonese, con il Presidente Alì che ha dichiarato: “Il Troina ha invece chiesto alla Figc di essere ammessa in terza serie, poiché la sentenza della Corte d’Appello Federale è stata chiara. La Vibonese non sarebbe dovuta essere in Serie D. Data la sentenza quindi chiediamo che la classifica venga riscritta escludendo i calabresi. Avendo quindi il Troina chiuso la stagione primo in classifica insieme proprio alla Vibonese, siamo noi i vincitori del campionato. Mi sembra chiaro”.
Le vicende della Vibonese (che hanno influito anche sul Troina) sono forse l’esempio più concreto dello stato di crisi che vive la Serie C. Costretta a vivere quotidianamente con penalizzazioni, crisi economiche, inadempienze e mancanza di strutture, la terza divisione italiana è bloccata dalla guerra intestina tra istituzioni, impegnate a ribaltare decisioni altrui piuttosto che a riformare un sistema da anni compromesso.