Rimpiangeremo Ezio Capuano

Ezio Capuano

Ezio Capuano è stato travolto di critiche, prima e dopo l’esonero, ma il suo lavoro resta migliore di chi c’è stato prima e (probabilmente) di chi arriverà dopo


Samb-Albinoleffe, fine primo tempo: mentre i rossoblu tornano negli spogliatoi a testa bassa, il presidente Franco Fedeli percorre il tragitto inverso, avvicinandosi a grandi falcate verso il centro del campo. Mentre Capuano (sgattaiolato negli spogliatoi nonostante la squalifica) pianifica il secondo tempo il presidente è nel mezzo dell’intervista con Rai Sport, in cui tratteggia a tinte fosche la gara e la stagione della sua squadra, come se fosse già finita. 

In queste settimane lo scollamento tra proprietà e squadra (tutta la squadra, non solo il tecnico) ha assunto contorni farseschi, ripetendo con più veemenza quanto già visto in altri momenti e con altri protagonisti. La conferenza stampa che ha anticipato l’allontanamento di Capuano è stata violenta nei toni, nei termini e nei contenuti, messi in secondo piano da un esonero smentito più volte alla stampa e ratificato meno di un’ora dopo.

Scherzare su un eventuale “stupro” dell’addetta stampa è solo il punto più volgare di una conferenza grottesca, in cui si è attaccata la squadra “senza palle”, il capitano “mercenario” e il tecnico che “in trent’anni che allena non ha mai giocato per il primo posto”. Considerazioni che stridono con la (malcelata) ambizione di vincere il campionato, nonostante le smentite, e dall’idea di una squadra prima forte e poi scarsa, con una panchina prima inutile e poi importante, guidata da un tecnico prima grande e ora perdente.

Da gennaio a oggi la questione tra Fedeli e Capuano non è mai stata sulla stagione della Samb, ma sulla narrativa da proporre a stampa e tifosi. Da una parte un presidente che voleva i meriti per aver formato (e pagato) la squadra; dall’altra un allenatore che rimarcava la distanza da chi aveva speso e puntato a qualcosa in più, valorizzando il lavoro suo e della squadra. Pretesa di vittoria e pretesa di riconoscimento stridono, specie quando si lotta per obiettivi diversi.

La colpa di Capuano è averci fatto credere che questa squadra fosse migliore di quanto sta facendo ora. Arrivare dicendo che “I poli uguali si attraggono”, chiudere l’anno al secondo posto e pretendere “per i tifosi” sforzi che la società non era disposta a fare. L’esonero è iniziato lo scorso gennaio nel summit di Roma, quando si è deciso che l’obiettivo era arrivare tra le prime tre-quattro; si è concluso ieri, con la squadra seconda e certa (almeno) del quarto posto.

Dire che questa è una decisione giusta, appigliandosi a confronti senza base statistica né contesto, significa perseguire la solita, stanca, acritica difesa a priori della società, seguendo il folle pensiero secondo cui ogni tipo di ragionamento, se non allineato alla narrativa di alcuni, è necessariamente contro. Ignorare tutto quello che c’è stato prima, slegandolo dagli ultimi risultati, significa mentire: a chi legge e a sé stessi.

Quella degli ultimi mesi è stata una lunga lotta allo sfinimento, tra una proprietà sempre più insofferente e un tecnico sempre più aggrappato ai suoi risultati. Nel rimarcare i meriti della squadra nonostante certi avversari e certi obiettivi Capuano tesseva i suoi meriti, anche, ma proteggeva la squadra da ambizioni sempre più alte e ingiustificate (almeno facendo fede alle parole della società, che ha sempre smentito la corsa al primo posto). Questo atteggiamento ha inimicato la proprietà, che dal canto suo ha vissuto ogni singolo risultato come un pretesto per distribuire colpe o prendersi meriti.

A differenza di giornalisti molto più illustri (e liberi, e onesti, e imparziali), non riesco a sentire nella mia testa le parole del presidente, ma il suo modo di vedere la questione è abbastanza chiaro. Il presidente ha speso tanto, paga in tempo, e vuole il diritto di criticare nella sua maniera, chiedendo i risultati alla sua maniera. Lecito. Quel che manca è la concezione degli Altri, i presidenti che in questo campionato hanno speso molto di più, con obiettivi iniziali più ambiziosi, e che spesso si mordono la lingua per non esporre tecnico e squadra alle critiche di stampa e tifosi.

Capuano ha sempre insistito su questo, polarizzando le distanze con Fedeli. Per rimarcare i suoi meriti sull’allenatore (come se le due cose fossero distinte), il presidente è arrivato a lamentarsi della sottovalutazione della squadra, salvo criticarla dopo ogni risultato diverso dalla vittoria, senza capire il paradosso tra l’una e l’altra cosa. Critiche che sono arrivate anche ieri, quando Fedeli è anche arrivato a dire che il problema è che “giocano sempre gli stessi”, ignorando forse che nelle ultime due gare i cambi a disposizione fossero soltanto Esposito (out a Pordenone), Miracoli (ieri squalificato) e Valente (in panchina per Di Massimo).

Mentre scrivo circolano statistiche, giustificazioni e J’accuse che vogliono sminuire il lavoro di Capuano, marcando la forza della squadra (merita il primo posto?) e riabilitando l’inizio di stagione di Moriero. Fare un confronto statistico tra le 23 partite di Capuano e le 11 di Moriero (contro squadre diverse, in momento diversi, con preparazioni diverse) è semplicemente ridicolo. Mercato invernale, cambi tecnici e diversi momenti del campionato bastano a rendere ininfluente ogni confronto.

La differenza di un tecnico, la misura del suo apporto alla squadra, non sta tanto nei risultati quanto nelle prestazioni. Nella gestione Moriero la Samb è stata dominata in casa dalla Feralpisalò, ha perso (due volte) con la Fermana, ha fatto prestazioni mediocri con Fano (primo punti esterno) e Santarcangelo (battuto 5-0 la trasferta dopo), perso in casa i due scontri diretti con Padova e Sudtirol. Nonostante difficoltà, polemiche arbitrali, partite in emergenza e gare nel fango la Sambenedettese di Capuano ha fatto vedere cose molto diverse, migliori, dimostrando una coerenza tecnica e tattica che prima non era stata raggiunta.

L’ormai ex tecnico della Sambenedettese era riuscito a costruire una squadra che fosse più della somma delle sue individualità, accompagnando i suoi giocatori ad un risultato che per tanti motivi era superiore alle aspettative di tutti. Presidente in primis. La sua partenza in favore di Moriero (scelto solo perché a libro paga) è un salto nel vuoto.

Una scelta che sa di rivalsa più che di “salvataggio”, come se la consapevolezza di averla vinta fosse più importante delle (residue) possibilità nei playoff. Una decisione prevaricante, che pare dimostrare la convinzione di essere, da solo, più importante della società, della squadra, dei tifosi. Il presidente ha preso la squadra dalla D e l’ha portata al secondo posto, ha tutti i diritti di scegliere come crede. E magari avrà anche ragione, alla fine.

L’unica certezza, in questo momento, è che Capuano mancherà a tutti. Anche a chi l’ha mandato via.

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